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La saga appassionata e coinvolgente di un'antica famiglia ebraica, i Mani, si dipana a ritroso nel tempo strappando al passato le voci di sette generazioni.
Dal giovane Efraim, soldato israeliano di stanza in Libano nei primi anni Ottanta, al patriarca Abraham vissuto nell'Atene di metà Ottocento, i diversi «signor Mani» sfilano nella storia e si trasmettono di padre in figlio una tragica eredità. Può un uomo spezzare la catena che lo lega al passato e al futuro? Può annullare la propria identità? Yehoshua mette in scena cinque dialoghi in cui di volta in volta una voce diversa ci guida verso i molti misteri di un intero popolo e di una famiglia animata dall'utopia della pace.
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Un chicco che dirama i suoi frutti indietro nei decenni, dai pronipoti agli avi, dall'ultimo stelo alla più fonda radice, in un arco di tempo che dai nostri giorni scende fino alle strascicate bave degli ultimi due secoli. Non è poco complessa come sorpresa, perché serve pazienza per orientarsi con animo calmo fra i ricami delle pagine. Ma è come veder lentamente crescere e sollevarsi un gigante che prende sulle spalle il peso di un destino e svela, nei vari ritratti che dipinge, gli eterni sbandamenti di un popolo. Si va dagli scossoni della Palestina moderna all'occupazione nazista di Creta, dal dominio britannico in terra santa di inizio secolo al Congresso sionista del 1899, fino ad approdare nei lucenti e incantati borghi della Gerusalemme di metà Ottocento: "La città in sé, che sarà per l'eternità più grande della sua gente". E' in quel ventre millenario e fra le sue sponde che l'interiorità ritrova ogni storia, sparigliando carte e fattezze dei tanti Mani che si succedono a ritroso e mostrandoci, di volta in volta, la tenace vitalità di un pensiero e la sapienza a cui può giungere la vittima, la rimembranza e il mutismo, in uno specchio mai chiaro di sacrifici e di tenebre, di preghiera e incoerenza: "perché è così, in ogni pensiero c'è una tasca, e dentro la tasca c'è un altro pensiero". Il dramma resterà aperto, cicatrice che nessun ago può domare. Possiamo leggerlo qui: "Ma ha forse una misura il tempo nei cui abissi dobbiamo scendere a cercare le radici del tradimento e dello spionaggio, per potere afferrare tali radici mentre non si sono ancora espanse e circoscrivere così la cancrena?". Questa la dolorosa parabola che incide ogni rigo, lo spirito fedele e oltraggiato ma fisso sulla sua stella alta, questa "la dolce perdizione che si si ripete da una generazione all'altra". Il lottare e il subire, l'agire e il tacere, in quel silenzio che sa "interpretare risposte senza parole". Libro potente, magnifico.
La saga di una dinastia, che attraversa centinaia di anni, il cui protagonista è sempre un signor Mani. Questo romanzo è la metafora dell'ebraismo che appartiene alla storia del Medioriente, come parte integrante della cultura variopinta del MEDITERRANEO. Un'idea lontana da quella limitata dallo stato nazione. Questa storia narra il sogno di una convivenza pacifica e libera dei popoli. Il più bel romanzo di Yehoshua.
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