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Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2013
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Shorts è stato sicuramente uno dei libri più belli che abbia mai letto e non riesco a capire i voti così bassi degli altri commenti. sicuramente è un libro diverso dagli altri, fa riflettere, e posso anche dire di aver sentito il cuore battere dell'ansia di andare avanti nella maggior parte dei racconti. tanti lasciano senza fiato e ti fanno riflettere sul fatto che quel racconto non è altro che la caricatura delle paure, delle felicità, delle ossessioni e degli eventi più strambi della nostra società, che non sa guardare dentro se stessa come invece sa fare trevisan, che guarda le stelle nei momenti più difficili della sua vita. ed è forse da lì, dal cielo, che lui riesce a guardare tutti quegli aspetti di ognuno di noi che non vediamo, perchè troppo presi a cercare l'irraggiungibile. per cui, secondo me, trevisan non solo dice, ma esprime. e anche tanto. un consiglio: rileggetelo immedesimandovi nei protagonisti.
sicuramente avranno avuto un messaggio da trasmettere, nella loro stesura minimale, ma a me questi raccontini hanno lasciato veramente poco. Peccato, perche lo scrittore con i 15000 passi aveva lasciato il segno.
Una scrittura piu' leggera rispetto ai precedenti; racconti inquieti, ma anche sfumati, quasi impercettibili, aerei nel loro chiudersi senza completarsi. Cosa vuol dire l'autore? Forse solo raccontare, scene, situazioni, piccole gags dal gusto enigmatico di chi dice senza esprimere.
Recensioni
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Vedere il corpo di uno scrittore, sentirne le parole, la cadenza, scrutare il suo cranio, il suo sorriso, il suo ghigno, vederlo muoversi, agire, tutto questo non è dato facilmente. A meno che magari uno schermo cinematografico non riveli e metta a nudo l'autore incorporeo. Così è accaduto per Vitaliano Trevisan, attore protagonista nel film Primo amore di Matteo Garrone, dove indossa i panni di un torturatore gentile ma affilato ed efferato che induce una giovane donna a consumarsi nell'anoressia, indotta come obiettivo di perfezione. Talché ci appare nella sua fisicità a tutto tondo, anche nudo, il corpo di un narratore che assume in sé, nel proprio personaggio filmico, quell'agghiacciante mostruosità di cui ha riempito e riempie l'universo dei suoi libri. Fra cui si segnalano Un mondo meraviglioso (1997) e I quindicimila passi (2002).
Ora abbiamo un volumetto di brevissimi racconti, appunto Shorts, quasi frantumi taglienti dei precedenti "romanzi" che erano più lunghe improvvisazioni di un io narrante ossessionato. Trevisan è della famiglia degli scrittori veneti imprigionati in una spessa nebbia di disperazione, come il Berto più oscuro, il Piovene più astratto e furioso, il Parise più nauseato e sedotto dal sapore del sangue, fino al Mozzi (anch'egli presente nelle vesti dello psichiatra in Primo amore) e al'Umberto Casadei più recenti. Una disperazione, quella di Trevisan, nutrita - forse troppo - di Thomas Bernhard, ma anche di Beckett, Dostoevskij, De Maistre, Francis Bacon e altri purulenti e splendidi pessimisti, nonché di jazz d'alta classe (l'autore è batterista), ove la musica sembra l'unica salvezza possibile. Una disperazione che sa tuttavia coltivarsi anche in fioriture amaramente ironiche, con una comicità artica che a qualcuno ha fatto pensare a Buster Keaton.
Il vuoto, i vuoti, soprattutto. In questi Shorts saranno spesso pause, interstizi d'abisso. Pause musicali di addirittura nove giorni (per un refuso sullo spartito), o tendenzialmente infinite, prima del colpo di piatti finale, con lo spalancarsi di una voragine tra musicista e pubblico. E ancora questi racconti son popolati di animali, offesi e torturati dal caso, come i ghiri rimasti prigionieri nel vischio e poi finiti faticosamente col fucile ad aria compressa, o i piccioni sterminati, i passeri morti; tutte le bestie di una fattoria ridotte a cadaveri in decomposizione, per una tragica combinazione; anguille nerissime in una vasca nerissima e profondissima nella fantasia orrificata di un bambino; i moscerini spiaccicati sul casco di un motociclista. Sono parenti degli animali travolti e schiacciati dalle autovetture sull'asfalto, elencati nei Quindicimila passi.
Ma anche gli uomini soccombono per casualità maledette, come l'operaio accecato da un chiodo sparato da una sparachiodi e conficcatosi nei suoi occhi dopo un tragitto e una serie di rimbalzi complicatissimi; oppure il vegetariano ucciso dall'infarto perché nutritosi di erbaggi che traevano nutrimento da cadaveri decomposti sottoterra (la carne va a ostruire le sue arterie filtrando attraverso un mondo vegetale incarnatosi); l'arciprete che si suicida strangolandosi, dopo un accesso pantoclastico e iconoclastico; l'uomo adulto squarciato dal lupo immaginario che lo terrorizzava nell'infanzia dall'angolo perennemente buio della casa paterna; il ritardato che ha sempre sognato di morire bevendo del caffè, una "bella morte" che lo coglie puntualmente con la tazzina fra le dita, accontentandolo benevolmente, e così via.
Un'umanità di fantasmi e strani, non ultimi i paradossali circensi quali il watusso più basso del mondo, il nano più alto (1 metro e 75), insomma, "tutte le stranezze del mondo", una versione più lieve dei mostri più mostruosi possibili che popolavano gli incubi di Un mondo meraviglioso. Gli Shorts svariano da piccoli frammenti slogati e sconcertanti a vere e proprie miniature di genere, come racconti fantastici della più bell'acqua (Treno) o ghost stories (Storia senza vento). Il tutto in una scrittura crudelmente limpida e lucida, che non vuole concedere tregua.
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