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Pensavate che si potesse parlare di Palestina soltanto narrando di tragedie e storie strappalacrime? La grande scrittrice palestinese Suad Amiry in questo suo libro d'esordio smentisce questa logica limitante, strappandoci qualche risata grazie alle sue pagine di diario - naturalmente sistemate dall'editor per diventare un libro vero e proprio - risalenti ai primi anni 2000, quando l'israeliano Sharon aveva imposto un coprifuoco e un assedio militare ai palestinesi della Cisgiordania. A quei tempi, per via delle restrizioni dell'esercito occupante, la scrittrice fu costretta a tenersi in casa la suocera anziana che è forse stata quasi peggio di Sharon. Da qui l'allegra dicotomia del titolo "Sharon e mia suocera": Un bel libro destinato a diventare un evergreen, ma senz'altro è da ritenersi meno di impatto dei successivi lavori dell'autrice, da Damasco a Storia di un abito inglese.
Sotto l'apparente banalità di un diario di guerra volutamente allegro si nasconde la tragicità della vita sotto l'occupazione con descrizioni sui coprifuoco e le perquisizioni, cose a cui non siamo abituati e che fanno riflettere alcuni, altri invece si annoiano. E' un libro per chi preferisce pensare.
La scrittura non è male (vattelapesca come sarà l'originale in arabo), ma un po' sciatta, forse perché non concepita per la pubblicazione. La vita sotto occupazione, se così vogliamo chiamarla, è trattata in modo quotidiano ma banale. Se ne ricava poco e il libro stanca presto. Le descrizioni dei coprifuoco, delle perquisizioni casa per casa, dei soldati israeliani sono condotte secondo gli stereotipi più ovvi di parte palestinese, senza vero rancore ma con superficialità. L'ironia preannunciata nella quarta di copertina, che pure è presente, lascia abbastanza indifferenti.
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