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scheda di Ramacciotti, V., L'Indice 1988, n. 4
Il problema dell'"alterità", del "diverso da sé", che si presenta puntuale in ogni momento di sviluppo in una società che si vuole "civile", è al centro della riflessione di Carile, che lo affronta in un periodo storico estremamente significativo: la fine del Cinquecento e gli albori del Seicento, quando si infittiscono le relazioni di viaggio e le riflessioni di interesse politico-economico sul Nuovo Mondo da parte degli esploratori. Essi si trovano di fronte ad una realtà che non ha niente in comune con la vecchia Europa dalla quale provengono e l'interpretano alla luce dei pregiudizi e dei codici culturali che sono alla base della loro formazione. Sono strutture difficili da rimuovere e tuttavia l'impatto con la Nouvelle France - come allora veniva chiamato il Canada - con la cultura amerinda, la rivalità con altri tipi di penetrazione coloniale, quella spagnola e quella inglese, la polemica con i Gesuiti, protagonisti non secondari dell'avventura americana, rendono articolato e problematico il loro pensiero. I due personaggi di cui soprattutto si occupa l'autore, Marc Lescarbot e Antoine de Montchrestien, poco noti per le loro opere e che tuttavia meritano ampiamente questa rilettura, sono uomini esemplari di un'epoca in cui maturano lentamente i cambiamenti che condurranno all'Europa moderna.
Nel Cinque-Seicento il viaggio transoceanico conduceva all'esperienza di un altro mondo terreno che veniva tuttavia letto con le immagini e con i sogni che i naviganti recavano con sé dall'Europa: il loro sguardo era impedito da un bagaglio culturale che li condizionava. Più che scoprire l'America i primi pionieri l'hanno dunque, in gran parte, "inventata", evidenziando radici e contraddizioni del modo di confrontarsi con l'alterità assoluta che ha caratterizzato a lungo la civiltà occidentale e che ancora è sovente quello di gran parte degli uomini dei nostri tempi.
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