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In epoca post-fordista, attorno al concetto di lavoro, soprattutto attorno a quello di lavoro manuale e creativo, si sono moltiplicate ricostruzioni storiche, narrazioni sociologiche, dimostrazioni teoriche. Tali ricostruzioni, confezionate dalla sociologia del lavoro, cercano di provare che siamo in pieno "post-industrial work of the worid". Evitando questa banalizzazione e prendendo spunto da una mostra a Castell'Arquato sulla crisi dell'arte e del lavoro artistico, Gabriele Perretta interviene e fa intervenire una comunità di operatori che ormai da tempo hanno abbandonato le vesti tradizionali dell'artista e dell'intellettuale del Novecento. Figure che hanno dato vita a quesiti di questo tenore: quali sono le nuove figure di lavoro intellettuale diffuso che emergono nei vasti territori del "travaglio creativo"? Qual è la nuova fase del lavoro dopo la congiunzione tecnologica tra cyber-artigianato e conatus dell'intelletto attivo? La mostra "s.Finiti dall'arte" vuol essere in primo luogo un'indagagine sulla crisi e la mescolanza delle mansioni e dei lavori al limite del post-fordismo. Le sue sezioni -Intelligenza collettiva diffusa, Arte-factum, La maledizione di Adamo - e il saggio che accompagna le immagini fanno soprattutto riferimento ai meccanismi della produzione cui sono state associate le categorie di post-capitale, linguaggio, artigianato, cultura digitale, post-intellettuale, flessibilità nell'industria artistica tardo-contemporanea, micro/macro-medialità condivisa, ecc. L'estetica dello "sfinimento", dando per scontato che il valore di un'opera non è separabile dal posto che essa assume nel sistema, si pone qui una domanda sui valori del testo e sulla sua validità. Le teorie del lavoro linguistico, che hanno allargato la nozione di arte-factum, ci consegnano una trasformazione dei valori in ogni campo. L'arte accetta quindi di essere "cosa tra le cose", per poi attrezzarsi ad attraversare nuovi orizzonti critici che si disperdono fino alle tracce paradossali e parossisitiche della festa.
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