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Incuriosito dal titolo “i sette colori” mi sono avventurato alla lettura di questo libro e, pagina dopo pagina, la storia tra Patrice e Catherine è divenuta la compagnia delle mie serate estive. La scrittura agile ma anche dettagliata di Brasillach descrive l’amore tra i due protagonisti negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale, un amore giovanile certo, ma capace di lasciare il segno, di creare un legame come solo il primo vero amore sa fare ed allo stesso tempo risultare così fragile da non reggere alle vicissitudini della vita, come l’improvviso distacco, le paure e le incomprensioni, il tutto ottimamente immerso tra i pittoreschi quartieri di Parigi…il Ponte Vecchio di Firenze…raggiungendo Norimberga e, la Spagna. A Brasillach non sfuggono i cambiamenti del tempo e ne descrive con un certo coinvolgimento ciò che negli anni trenta accade e si vive. Ma la narrazione ed il coinvolgimento dei protagonisti è tale da rendere qualsiasi osservazione in secondo piano, il legame tra Patrice e Catherine è l’essenza, che condurrà, come ogni romanzo d’amore, all’epilogo. Un libro da leggere, anche per la forma atipica della scrittura, l’autore utilizza tutte le tecniche di composizione del romanzo (racconto, lettere, descrizione, dialoghi, documenti, riflessioni, diario) e per una straordinaria raffigurazione dei due personaggi, soprattutto in Catherine, dove la sfera emotiva, le sue paure, la sua forza, ci appaiono così fragili da renderla reale e così vicina a noi.
D'accordo Robert, eri nazista, appoggiavi Vichy, sei finito fucilato, ma da comunista ti dico con verità indubbia che questo tuo romanzo è un capolavoro. Andrebbe sempre scissa a dovere la dimensione della vita da quella dell'opera; caratteri estremi scardinano scelte folli, inaccettabili, ma a fronte delle quali certa conservazione spesso somiglia a una bonaccia stantia. Mistero traboccante di scintille affastellate, di inutili spiegazioni, di fascino così colmo che diventa essenza intraducibile. Cos'è questo libro? Un diario, una storia, un grido di dentro ai limiti del respiro, ma tutto intriso di morte, di impossibile calma, di redenzione in frantumi. Perchè è in definitiva una storia d'amore, uguale a tante e unica, picco e caduta, giovanissima e lacera. Un esame di maturità per cominciare, e subito dopo un immediato destino di pericolo (per Patrizio, il protagonista) che va incontro a una curiosità innamorante, il fascismo italico. Lei - Caterina - creatura sottile, riflessiva, aspetterà e cercherà lui fra mille inquietudini e tenerezze infrante, sotto la coltre di un paesaggio grigio, troppo divorato dal sangue e dagli scoppi. Come se un possesso autentico combaciasse di colpo col senso dell'annientamento, nell'idea che esista gloria e presa solo nel brevissimo canto di un insieme, di un presto collassato, brevissimo, e tuttavia immortale. Il resto è in pagine di poesia immacolata, lontane anni luce dal lugubre che incise nella vita di Brasillach quel segno di appartenenza atrocemente sbagliata. Ma ogni dentro resta come nascosto in un'ampolla imprendibile, su un grado di coscienza che forse nemmeno chi vive riesce davvero a percepire. Si sceglie al momento, ogni altra tratta è consegnata alla storia. Questo tuttavia non altera e non scuote in male la bellezza che travolge la lettura di questo libro, non macchia in nessun modo le sue epifanie, che vivranno nel cielo della poesia come inquiline eccezionali, alte e invidiate. Non esitate ad amare Brasillach.
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