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In questo dialogo filosofico dal carattere "idiosincratico",di risentita verve polemica, Valerio Magrelli assume un duplice ruolo di fustigatore di costumi e ideologie,nei panni di un Machiavelli rigoroso,passionale e sarcastico e di un più accomodante Tenerissimo,sorta di cattocomunista indulgente e tollerante. I temi su cui i due si scontrano e convergono sono i più vari,tormentosi e dibattuti nella temperie politica e culturale dell'Italia d'oggi ("questo paese grondante ipocrisia cattolica"):dal precariato all'ecologia,dai privilegi sindacali alla prostituzione,dall'abolizione dei manicomi alla scandalosa riduzione delle pene per chi si macchia di reati,dall'inciviltà egoista dei comportamenti quotidiani allo sfascio dell'istruzione. I toni si fanno poi più scandalizzati quando si tratta di condannare l'asservimento della cultura al mercato (con le lauree honoris causa concesse a sarti e motociclisti,o con i funerali di stato per Mike Bongiorno),o l'ingerenza del Vaticano nella vita pubblica,o ancora "gli incubi dell'illusionismo catodico",alimentati da una tv sempre più stupida e impoverita,o le incertezze vili di una sinistra senza idee che nulla sa e vuole opporre all'ostentazione ipnotica di una destra prona agli interessi economici di Berlusconi.Tutte sacrosante ragioni su cui qualsiasi lettore deve convenire,ma a cui si possono forse sollevare tre piccole obiezioni. Citando male -tre volte-,con ovvia e commossa partecipazione una vittima del massacro del Circeo, Magrelli ne confonde il nome: non Daniela,ma Donatella Colasanti. Anche questa è una piccola violenza. Poi,schierandosi dalla parte degli scrittori,vittime da immolare in una società ignorante e consumista,sembra dimenticare quanti narratori e poeti scodinzolano tra radio,tv,festival e premi, celebrando la loro spesso non eccelsa produzione. Infine,un pamphlet che si vuole di coraggiosa denuncia al sistema,forse non doveva essere pubblicato da Einaudi,ricavando diritti d'autore berlusconiani.
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