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Nella millenaria e tormentata vicenda degli esodi, il Novecento ha fatto segnare un punto di svolta decisivo. Come chiarisce nelle pagine iniziali di questo studio Silvia Salvatici (docente all'Università di Teramo), il secolo scorso ha infatti visto stagliarsi sul fondale della grande storia continue fiumane di profughi. La trasformazione dei conflitti in guerre di massa e il moltiplicarsi di criminali soluzioni concentrazionarie hanno portato con prepotenza in primo piano i milioni di esseri umani in fuga dalle carneficine militari o dalle persecuzioni, laddove, in precedenza, si trattava di nuclei relativamente ridotti di persone. Salvatici individua nelle guerre balcaniche del 1912-13 il primo decisivo momento di questo genere di escalation, conducendo poi un'analisi ricca e rigorosa, fatta anche di studi di caso emblematici, sul destino delle "displaced persons" lungo il secolo, in relazione a quella che viene chiamata la "costellazione dei centri collettivi", con particolare rimando agli anni immediatamente successivi la seconda guerra mondiale. Vengono a galla temi di grande rilievo sociologico, come la difficoltà degli ex deportati ebrei nel tornare a ricoprire un posto nella società in quanto spesso riluttanti di fronte all'idea di farsi riassorbire dall'economia tedesca (per fin troppo naturali ragioni psicologiche), oltre che fiaccati nel corpo e nel morale o come il triste destino dei bambini orfani o, ancora, l'interessante costituirsi di reticolati di contatti e l'avanzare di camp leaders in quei microcosmi che sono sempre stati i luoghi di raccolta.
Daniele Rocca
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