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scheda di Motta, M., L'Indice 1996, n. 2
Può l'uomo giungere a conoscere qualcosa con certezza? Risposte affermative a questa domanda sono state fornite sia dalla tradizione empirista che dalla tradizione razionalista. A queste due famiglie, da sempre in lotta tra loro, si oppone la tradizione scettica. Gli scettici, cercando di confutare ora gli empiristi, ora i razionalisti, hanno sostenuto che è impossibile conoscere con certezza qualcosa, derivando da ciò che ogni credenza è ingiustificata. Tale conseguenza, comunque, appare inaccettabile: se nessuna credenza è giustificata, allora qualunque credenza risulta razionalmente sostenibile. In questo modo, però, non si è data nessuna risposta al problema della conoscenza; sembra anzi che lo scettico radicale non voglia confrontarsi seriamente con i problemi emersi nel quadro dell'impresa tecnico-scientifica di questi ultimi secoli.
Questa obiezione porta Alan Musgrave a mitigare la portata dello scetticismo correggendone il tiro alla luce del fallibilismo popperiano. Egli propone un "empirismo critico" (o "realismo fallibilista") che accetta le critiche di fondo dello scetticismo senza però pervenire a esiti irrazionalistici. Secondo lo scetticismo tradizionale A non è giustificato a credere P dal momento che A non è in grado di giustificare P. Per Musgrave questo modo di procedere può essere sostituito dal seguente: A è giustificato a credere P anche se P non è stato giustificato definitivamente. Ciò che conta è che P abbia resistito a critiche serie. Pertanto, finché non emerge una confutazione di P, A è razionalmente giustificato a credere P. La conoscenza è perciò un sapere fallibile e sottoposto a continue revisioni. Musgrave giunge a queste conclusioni attraverso un'approfondita analisi storica (da segnalare i capitoli dedicati a Berkeley, a Hume e a Kant), illustrando con grande chiarezza le più importanti argomentazioni relative al dibattito sullo scetticismo.
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