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Il recupero settimanale dell'infanzia
Lo scrittore Guillermo Cabrera Infante detesta il calcio. La scarsa tradizione cubana in questo sport potrebbe giustificarlo, ma i suoi oltre venticinque anni in Inghilterra annullano una simile spiegazione. Ricordo la sua collera e le sue ingiurie quando accadde la tragedia di Heysel. Discostandosi per una volta da Nobokov, che era stato portiere nel suo esilio a Cambridge e fino alla fine della sua vita si divertì a vedere partite alla televisione, non incolpava i tifosi del Liverpool, ma lo sport stesso: "Quel gioco nefasto, - diceva, - incita alla violenza perché è violento in sé: si gioca con i piedi, e vi sono pochi movimenti feroci come quello che comporta lo sferrare un calcio". È curioso che, invece, negli Stati Uniti il calcio non abbia prosperato perché lì lo si considera troppo lento e delicato, una pratica da signorine. E in effetti, quando sono stato per alcuni mesi nell'università esclusivamente femminile del Wellesley College, lo sport preferito dalle alunne non era altro che l'arte di Di Stéfano, con mia grande sorpresa. Certo poteva essere dovuto all'influenza dello stesso Nobokov, che passò da quelle parti negli anni Cinquanta e forse vi instaurò la tradizione.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Che libro signori miei, che libro! Appassionato e capace di appassionare, Javier Marias riesce a farci ricordare la nostra infanzia, i nostri primi amori calcistici, ma soprattutto ci mette di fronte la vita di tutti i giorni... fatta di lavoro, gioie e dolori, ma anche di divertimento. E' curioso che uno dei libri più belli, anche se concentrato sul calcio spagnolo, non abbia nemmeno una recensione...
Recensioni
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"Il nostro cuore così bianco ha conosciuto cose peggiori in questi ultimi anni eppure è sopravvissuto. Abituati a vincere, abbiamo scoperto che perdere non finiva per ucciderci, e ciò ha il suo mistero."
I Mondiali di calcio sono finiti da pochi giorni, ancora se ne discute animatamente, molti si sentono feriti dalle eliminazioni della nazionale italiana, altri hanno optato per un sostegno al Brasile che permettesse di festeggiare un po' (niente a che vedere con quello che sta succedendo nella patria dei nuovi eroi calcistici) quella vittoria. Anche chi abitualmente non ama il gioco del calcio suo malgrado è stato coinvolto in questa grande passione collettiva: tutta la stampa ha dato uno rilievo inaudito all'evento, le televisioni hanno modificato i loro programmi non solo per le dirette delle partite, ma anche per dare spazio a dibattiti, discussioni, accese querelles tra improvvisati commissari tecnici. Proporre quindi la lettura di questo libro mi sembra opportuno: per chi già conosce e segue questo gioco perché può constatare quanto se ne possa parlare in modo elegante e "alto"; per chi non apprezza i virtuosismi dei maghi del pallone e forse non ne può più di sentirne dibattere, perché può capire che mariti, fidanzati, amici e amiche non sono improvvisamente regrediti ma fanno parte di una grande famiglia di persone colte e intelligenti che sanno emozionarsi tornando ogni tanto bambini.
Javier Marias, uno dei maggiori scrittori spagnoli notissimo anche in Italia, collabora ormai da anni con El País tenendo una rubrica di commento alle partite di calcio, questi articoli oggi sono stati raccolti in volume e proposti, con successo immediato in Spagna, al pubblico dei lettori, anche perché, come molti critici hanno segnalato, in queste pagine l'autore rivela di se stesso molto più che in tutta la produzione narrativa precedente.
Altri scrittori di grande caratura hanno dedicato libri al gioco del calcio, ricordiamo primo fra tutti un maestro, l'argentino Osvaldo Soriano, che con Fútbol o con Pensare con i piedi ha reso tutta la poesia e la verità che circonda il mondo del pallone. Oggi è l'uruguayano Eduardo Galeano ad aver ereditato il ruolo di Soriano nel tradurre in ottima letteratura e in analisi sociologica una passione sportiva ad esempio con Splendori e miserie del gioco del calcio: uguale impegno e altrettanta intensità espressiva. Forse è insito nella cultura ispanica la capacità di trasfigurare grazie alla forza dell'immaginazione e all'amore per la lettura metaforica della realtà, ogni aspetto della vita in arte. Così Marias prosegue un cammino che anche alcuni autori italiani hanno intrapreso: ricordiamo tra tutti Nando dalla Chiesa che ha vinto numerosi premi letterari proprio con opere (La farfalla granata, Capitano mio capitano, La partita del secolo...) dedicate ad "eroi" del pallone.
Ma una delle note più originali dello scrittore spagnolo è il figurare la partita di calcio come una grande rappresentazione drammaturgica in un teatro dalle colossali dimensioni di uno stadio o un film che segue regole narrative simili a quelle cinematografiche e gli spettacoli si ripropongono ogni settimana, sempre uguali, ma sempre profondamente diversi. Anche lo spettatore è attore e fa parte non solo della coreografia ma dell'azione stessa, vive passioni autentiche, amori, odi, delusioni e speranze che sottopone allo sguardo e al giudizio del mondo, liberamente, senza pudori o freni: "Venne fuori l'hooligan che tutti noi appassionati ci nascondiamo dentro".
La sincerità autobiografica dello scrittore mette in luce caratteristiche universali del tifoso con ironia e affetto, proprio perché parlando di sé Marias sa bene come sia facile il controllo di certe pulsioni rancorose o di certo spirito di vendetta che nasce inevitabilmente, insieme alla frustrazione, dopo la sconfitta della squadra del cuore, così come tratta con dolcezza i ricordi delle vittorie o i giocatori più amati, fonti di gioie totali, nella consapevolezza però della breve durata delle emozioni negative così come di quelle positive.
È qualcosa di profondo che fa emergere l'amore per la propria Nazionale in chi di certo nazionalista non è: è lo spirito di appartenenza, è il sentirsi vicini ad altri che condividono con noi molte cose anche se ci sembrano spesso diversi, è insomma un bisogno autentico a cui per qualche ora riusciamo a trovare una risposta.
A cura di Wuz.it
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