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Il ritratto del momento in cui l'America ha perso la sua ingenuità, dell'istante esatto in cui il sogno si è incrinato fatalmente.
«Ellroy squarcia la carne della cultura popolare americana con la violenza di una motosega... Aprite queste pagine se avete il coraggio, e dopo provate a smettere di leggerle se ci riuscite» – Time
22 novembre 1963, tre uomini si ritrovano a Dallas. Il loro lavoro: far piazza pulita delle schegge impazzite rimaste sul campo dopo lo scoppio del proiettile che ha ucciso John Kennedy, e liberarsi dei testimoni scomodi. Sono Wayne Tedrow Jr, un poliziotto di Las Vegas legato ad ambienti sordidi; Ward J. Littell, un ex agente dell'Fbi radiato diventato esponente di spicco della malavita; e Pete Bondurant, un sicario e trafficante di droga, emissario della mafia nella resistenza anticastrista. Ma le cose si mettono male. Per cinque anni questi cavalieri oscuri vengono trascinati in un vortice di complotti e contro-complotti, mentre negli Stati Uniti si scatena una feroce battaglia contro i diritti civili, l'eroina sbarca a fiumi dal Vietnam e si spezzano le vite di Martin Luther King e Bob Kennedy.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Segue American Tabloid, ma può essere letto anche indipendentemente. Il linguaggio è stato per me la novità vera. In quasi tutto il libro lo stile di Ellroy è iper-frammentato, staccatissimo e rapido come una mitragliatrice che fa fuoco. Ellroy lo ha fatto di proposito, per restituire al lettore il clima di eccitazione e confusione degli anni '60. Siamo infatti nel periodo post-assassinio JKF. Assistiamo all'ascesa di Martin Luther King e il movimento per i diritti civili, il controllo dei casinò a Las Vegas e l'escalation della guerra in Vietnam. È un libro volutamente massiccio, che stordisce per la quantità di violenza, razzismo e criminalità, portando il lettore verso uno stato di nevrosi e tensione.
scrittura irritante. rispetto ad altri libri dell'autore questo è un fiasco
Il secondo capitolo della Underworld Usa Trilogy di Ellroy inizia dove American Tabloid finiva. Seguiamo alcune vecchie conoscenze e qualche new entry nelle loro incursioni all'interno della Storia (con la S maiuscola). Ne seguiamo l'ascesa ed il declino, quasi fosse un romanzo di formazione maledetto. Ne seguiamo illusioni e disillusioni, perdizione e compromessi, in un percorso lungo 762 pagine intrise di cinismo, che dall'innocenza conducono agli inferi. Riusciamo infine, proprio a questo punto, ad individuare una morale. La troviamo nel finale, come di consueto amaro, ma percorso da una certa, malinconica, vena di dolcezza. Un finale catartico, in cui ognuno trova, a suo modo, una qualche redenzione. Come il romanzo precedente, anche Sei pezzi da mille si abbuffa di dietrologie, costruendo una versione romanzata (ma terribilmente coerente) degli anni '60 americani. Da Dallas (luogo dell'omicidio di JFK), a Los Angeles (luogo dell'omicidio di RFK, Bobby Kennedy), passando per Memphis (luogo dell'omicidio di Martin Luther King), scopriamo che tutto è collegato da un filo rosso sangue. Che nulla è per caso, neanche le acquisizioni dei casinò di Las Vegas da parte del miliardario Howard Hughes, nemmeno la guerra del Vietnam. Forse più complesso di American Tabloid, scritto in modo ancora più estremo, Sei pezzi da mille colpisce, frastorna, abusa del lettore, pur lasciandogli grande libertà nello stabilire connessioni e spiegazioni, a volte appena intuite o addirittura percepite tra le righe di un'intelaiatura composta da frasi secche, quasi cinematografiche, di fatto cronaca in tempo reale degli avvenimenti nell'universo parallelo costruito da Ellroy. Lo stile è sicuramente qualcosa di più ardito: Ellroy osa, lo sa ed evidentemente se ne compiace. Il secondo libro della trilogia americana è insomma all'altezza delle aspettative, pur perdendo un po' di fascino rispetto al suo predecessore. Ma il livello è decisamente altissimo.
Recensioni
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