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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2016
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Ottimo libro. Grazie all'autore ho scoperto dei legami tra Istanbul e l'Italia a me sconosciuti. Stupenda la parte riguardante la famiglia Camondo
Ottimo libro, ricco di spunti, Augias non delude. Certo rispetto alle altre città da lui raccontate, qui è meno profondo nei vari capitoli e la conoscenza di fatti e cose è più sfuggente. Ma a me è piaciuto da appassionato di storia per i continui richiami che molti già conoscevo, però il libro vale per un paio di spunti interessantissimi; anche a me la storia dei Camondo mi a molto affascinato, come la descrizione del quartiere ebraico e di quello vecchio finanziario. Certo negli altri libri sulle città, si vedeva una maggiore conoscenza del contesto che qui manca.
Ho acquistato questo libro pensando di scoprire qualcosa che non ho mai letto nei libri di storia ma purtroppo non c'è nessun segreto che sia stato svelato anzi molte delle storie si trovano su tutti i libri di storia su Istanbul
Recensioni
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Questo libro è il racconto, potremmo forse dire il romanzo di Istanbul. Protagonista è una città eterna, prodigiosa, una città incarnata nelle sue stesse rovine.
«Il modo migliore per arrivare a Istanbul sarebbe attraversando lentamente il Mar di Marmara fino a veder apparire "une incomparable silhouette de ville"...»
Mescolando saggezza e meraviglia, Corrado Augias torna a raccontare la storia e le atmosfere di una città, come aveva già fatto in passato, con crescente successo, con i ritratti di Londra, New York, Parigi e Roma. Quelli dedicati alle grandi capitali mondiali sono, a detta di molti, i libri più riusciti del giornalista e scrittore italiano, insieme al filone storico religioso in cui si cimenta in vere e proprie inchieste.
Ai saggi storico-geografici invece, Corrado Augias riserva il senso della scoperta e della meraviglia, descrivendo nei dettagli ciò che rende unica la città agli occhi di chi si appresti a scoprirla. Nel caso di Istanbul, la conoscenza dell’autore non è nata da lunghi soggiorni, come nel caso di Parigi o di New York, ma da ragioni di lavoro, cioè un passato incarico da cronista.
«L’impressione fu enorme – scrive il giornalista – come Roma, Istanbul è una città che si lascia scoprire. Intendo che mostra le sue stratificazioni, le molte vite, le tracce dei successivi regimi politici che l’hanno retta non meno delle diverse culture che hanno impresso il loro segno sugli edifici, le mura, i monumenti, perfino sugli spazi aperti come l’ippodromo, o le rive stesse del Mar di Marmara o del Bosforo; in altre parole questa è una città che va scrutata non soltanto in estensione, ma in profondità».
Per scendere in profondità, per poter scrivere il romanzo di Istanbul, Augias segue lo stesso percorso già tracciato dal Premio Nobel Orhnan Pamuk con un romanzo che è diventato lo specchio stesso della città (Orhan Pamuk, Istanbul, Einaudi, 2007) aggiungendo però il punto di vista di chi è cresciuto tra le rovine e le stratificazioni di un’altra città-museo: Roma.
Alla descrizione di Istanbul, le sue strade, le alture e il mare, l’autore aggiunge un complesso e articolato excursus storico, che prende le mosse dall’Impero bizantino e prosegue fino ai giorni nostri, alternando racconti di storia, arte e politica. Da Costantino a Teodora, da Maometto ad Atatürk l’obiettivo finale non è quello di mostrare al lettore il fascino senza tempo di Istanbul, ma quello di trasmettere lo stupore che prova il viaggiatore di fronte ai suoi aspetti più pittoreschi. Citando ancora Pamuk «La bellezza pittoresca si sviluppa circondando l’opera, a distanza di secoli dalla sua edificazione, con edere, piante, erbe e altri elementi naturali (rocce, onde, mare addirittura nuvole). Si tratta di una bellezza casuale».
Con grande ambizione e passione, Augias prova a farci assaporare lo spirito di questa città inquieta e, oggi più che mai, indecifrabile, così come hanno fatto altri scrittori italiani, come Alessandro Barbero con i suoi romanzi storici (Gli occhi di Venezia, Mondadori, 2011; Il divano di Istanbul, Sellerio, 2015) o Franco Cardini (Istanbul. Seduttrice, conquistatrice, sovrana, Il Mulino, 2014). Lo fa con un saggio che si legge come un romanzo, corredato da un ampio apparato iconografico, da una ricca bibliografia sull’argomento e da moltissime citazioni di libri e romanzi che nel tempo si sono letteralmente nutriti dell’aria salmastra del Bosforo.
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