Con questa recensione vogliamo iniziare a parlare, sulla rivista e sul blog, delle "buone pratiche" della scuola. Sebbene talvolta si sia abusato di questa espressione, adoperandola come foglia di fico per giustificare tagli economici alle scuole in nome di "finanziamenti mirati", riteniamo che valga la pena rendere visibile le molte buone cose che le scuole fanno, senza le quali probabilmente l'istruzione italiana sarebbe colata a picco da tempo. Il cofanetto di Una scuola italiana contiene un dvd, nel quale, oltre al film, sono presenti, come contenuti speciali, alcune interviste (una dirigente scolastica, la coordinatrice, una maestra e una mamma della Pisacane) e il documentario La sospensione di Matteo Musso, dedicato ad alcuni giorni di vita scolastica in un istituto tecnico bolognese di uno studente di origine marocchina, e un volumetto curato da Cecilia Bartoli. L'interesse del cinema per la scuola è di vecchia data, tanto che le pellicole di ambientazione scolastica si contano nell'ordine delle migliaia. Ce lo ricorda Goffredo Fofi nel primo capitolo dell'opuscolo che accompagna il dvd, nel quale vengono sinteticamente presentati, in modo efficace e senza sconti per nessuno, alcuni momenti della storia del cinema scolastico e le principali questioni a esso collegate. Fofi, tra le altre cose, sottolinea il livello tendenzialmente basso delle pellicole dedicate all'infanzia, di contro a quello un po' migliore dei film che parlano di adolescenti. In questo senso Una scuola italiana di Giulio Cederna e Angelo Loy rappresenta un'interessante eccezione. Si tratta infatti di un documentario dedicato ad alcuni momenti dell'attività di bambini, maestre e animatrici della scuola dell'infanzia Pisacane, nel quartiere Torpignattara di Roma. La peculiarità di questa scuola, ironicamente sottolineata dagli autori nella scelta del titolo, è che i bambini che la frequentano, pur essendo nella maggior parte dei casi nati in Italia, sono per l'80 per cento di nazionalità non italiana. Quello della Pisacane fu un caso che ebbe grande esposizione mediatica nel 2010, proprio nel periodo in cui veniva girato Una scuola italiana. In quell'anno una minoranza dei genitori italiani della scuola inscenò una protesta contro la presunta perdita dell'identità nazionale, determinata secondo loro dall'eccessiva concentrazione di stranieri in un singolo istituto scolastico. In questa iniziativa il gruppo di genitori si era sentito legittimato dalla decisione adottata dall'allora ministra alla Pubblica istruzione Maria Stella Gelmini, con l'obiettivo di blandire la componente leghista del governo, di stabilire un tetto massimo del 30 per cento di alunni stranieri per classe. Il film non tratta però di queste polemiche, se non in modo marginale. Il punto di vista adottato è infatti quello dei bambini, seguiti per circa tre mesi durante la realizzazione di un laboratorio sul Mago di Oz, curato dalle maestre della scuola in collaborazione con l'associazione Asinitas, coordinata dalla psicologa Cecilia Bartoli. La scelta degli autori del documentario risulta particolarmente felice, perché permette di comprendere appieno la strumentalità delle polemiche che investirono la Pisacane, che appaiono in tutta la loro inconsistenza se confrontate con la ricchezza delle proposte didattiche messe in campo dalla scuola: originali dal punto di vista metodologico, con la scelta del laboratorio teatrale, esse affrontano e cercano di elaborare i problemi della convivenza interculturale attraverso il linguaggio dei bambini. Il tutto, con un percorso che cerca di coinvolgere anche le famiglie, o più precisamente le mamme, sia nella realizzazione del laboratorio, sia mediante corsi di alfabetizzazione alla lingua italiana. Insomma, Una scuola italiana è un ottimo film anche e soprattutto perché capace di documentare un'autentica "buona pratica": non frutto di qualche miracolosa e eroica "eccellenza", ma del serio lavoro quotidiano di insegnanti e operatrici che, pur in situazioni altamente problematiche e a dispetto dei molti che cercano di boicottarle, non si tirano indietro di fronte alle difficoltà e le affrontano in modo serio e creativo. Giorgio Giovannetti
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