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Anno edizione: 2000
Anno edizione: 2014
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Un <3> dettato francamente da un certo smarrimento. Avrei dato un 2 ma mi riservo di leggere altro di questo autore. Tre racconti in cui ad un contenuto cupo, a tratti angosciante, si contrappone un tono formale lieve, elegiaco e quasi nostalgico dettato dall'uso insistito del tempo imperfetto. Lo stile mi ha ricordato certi romanzi, di ben altro spessore, del novecento italiano, soprattutto il Giovanni Arpino de < La suora giovane>. Qui sembra prevalere un'ansia di levità ed eleganza stilistica rispetto a trame come detto assai cupe ma un po' senz 'anima, di ragazze in balia del vento, non troppo intelligenti, sole a alla disperata che ricerca di un appoggio purchessia.
Modiano è un artista della parola; le tre vite che descrive in questo breve ma intenso romanzo sono credibili come se fossero narrate di persona dalle protagoniste. Un gioiello da leggere e, passato qualche tempo, rileggere ancora.
Un libro la cui trama è troppo scontata è banale. Solo pochissime volte c'è stato un piccolo "colpo di scena". Ovviamente non è il classico libro da consigliare.
Recensioni
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Forse i lettori che hanno amato Dora Bruder (Guanda, 1998; cfr. "L'Indice", 1998, n. 8) - numerosi in Italia, oltre che in Francia - saranno un po' delusi da questo nuovo Modiano. La forza di Dora Bruder era tutta nel suo rigoroso concentrarsi intorno alla figura centrale, investita in pieno dalla più grande tragedia dei nostri tempi: una sedicenne ebrea, di famiglia povera, che aveva scelto, per fuggire dal collegio e dai genitori, il peggior momento possibile, il gelido dicembre del 1941, e aveva vagato, prima dell'ultimo viaggio alla volta di Auschwitz, tra bombardamenti e coprifuoco, mucchi di neve sudicia e grandi manifesti rossi con i nomi dei resistenti fucilati. La fuga di Dora, immaginata sulla scorta di un vecchio ritaglio di giornale, si sovrapponeva, nelle pagine del romanziere, al ricordo di una fuga analoga vissuta da lui adolescente, nel dopoguerra, in circostanze meno strazianti e con esiti meno tragici; dal confronto tra le due esperienze, psicologicamente quasi identiche eppure così diverse nel contesto storico, una luce nuova cadeva sui nodi irrisolti dell'autobiografia di Modiano, sul suo rapporto tormentato con il padre ebreo e collaborazionista, con le ombre della Parigi occupata, con l'eredità pesante di un'ineludibile memoria. Niente di tutto questo, almeno in apparenza, in Des inconnues: alla centralità di Dora si contrappongono tre protagoniste-narratrici diverse, mentre la Storia scompare dietro le quinte, si fa sfocata e illeggibile come i titoli di un quotidiano scritto in una lingua sconosciuta. Non siamo più di fronte a un racconto unico, ma a un trittico: una dopo l'altra, tre donne - le sconosciute, rigorosamente anonime, del titolo - prendono la parola e raccontano un episodio importante della loro vita, una svolta irreversibile del loro destino, smorzandone i bagliori tragici e smussandone le asperità crudeli nella pacatezza sommessa, sin troppo ragionevole, di una narrazione che sembra provenire dalla penombra felpata di un limbo sospeso tra la vita e la morte. Oggetto delle rievocazioni sono gli anni sessanta, gli anni della loro giovinezza; i grandi drammi collettivi, gli eventi politici, sono assenti, cancellati dall'ottica ristretta che le quotidiane necessità della sopravvivenza impongono alle tre eroine, tutte in disperata lotta contro un mondo minacciosamente indecifrabile che avrà facilmente ragione della loro inerme e un po' ottusa fragilità. A una prima lettura, le tre fisionomie delle narratrici tendono in qualche modo a confondersi: con troppa forza le accomuna la passività di un'esistenza vissuta senza progetti, l'assenza totale di figure familiari che offrano protezione, l'anomala condizione di sradicamento accettata con trasognata rassegnazione. Ma chi ha familiarità con l'opera di Modiano sa quanto ingannevole sia, nel suo mondo, l'apparente intercambiabilità delle creature e dei luoghi, delle situazioni e dei destini: è un velo che il romanziere-veggente (si vedano, su questo tema, le belle pagine di Dora Bruder) è chiamato costantemente a squarciare, contraddicendo a un tempo il gesto uniformatore della Storia e la violenza livellatrice della società di massa. Quello di cui è difficile accorgersi, a prima vista, è che il romanziere-veggente lavora su due piani in contrasto tra loro. Sul piano della forma, la sua prosa piana, neutra, senza fratture, mima e rispecchia la colpevole indifferenza del mondo e sembra volutamente ignorare l'individuale. Ma sul piano dei contenuti, nel cuore delle storie, l'individuale si prende la sua rivincita: intorno a ogni figura si sedimentano frammenti di quotidianità, briciole di memoria, tracce irrilevanti risparmiate dal naufragio dell'esistenza che finiscono per delineare il profilo di una costellazione unica, fissata per sempre nella sua irriducibile singolarità. Non emergerà così, di ciascun personaggio, la raffigurazione a tutto tondo cara alla narrativa realista o al romanzo novecentesco d'introspezione; la sostituirà un agglomerato di dettagli e di residui tanto più enigmatico quanto più descritto con diligentissima precisione, con la lineare nettezza - ha scritto Jeanne Bem - di una bande dessinée di Tardi. Lette in quest'ottica le tre vicende raccontate in Des inconnues non tendono più a confondersi, nonostante le affinità psicologiche e formali delle tre voci narranti. La prima è il racconto dell'impossibile fuga di una piccola provinciale nel mondo illusorio di Saint-Germain-des-Prés; la seconda è la rievocazione dell'esistenza costellata di ingiustizie e di abusi di una giovane domestica di Annecy; la terza, di gran lunga la più originale e riuscita, è l'immersione quasi ipnotica nel quartiere periferico di Porte des Vanves, a Parigi, da parte di una ragazza che ha perso ogni ragione di vita, e che scivolerà, quasi inconsapevolmente, nell'ambiguo rifugio offertole da una setta misticheggiante. In ognuno dei tre casi la rete della realtà - fatta di particolari al tempo stesso insignificanti e ossessivi - imprigiona la sua vittima in una trappola definitiva: su tutto sembra echeggiare, alla fine, l'inspiegabile calpestio di cavalli che percorre ogni mattina il quartiere di Porte des Vanves e che rivelerà tardivamente alla protagonista il suo significato atroce, legato alla vicinanza del mattatoio. La Storia, remota in apparenza, riaffiora nella crudeltà del quotidiano, si impone, senza nomi né date, attraverso il lato oscuro delle più fragili esistenze comuni: siamo meno lontani da Dora Bruder di quanto potrebbe pensare il lettore frettoloso deluso da queste tre umili "sconosciute".
recensioni di Bertini, M. L'Indice del 1999, n. 04
(recensione pubblicata per l'edizione originale del 1999)
Dopo aver letto Dora Bruder non si può dimenticarne l'autore, Patrick Modiano. Non è uno scrittore dirompente, scrive sottovoce, con eleganza e una progressione lenta, ma sa coinvolgere il lettore in una spirale di angoscia ancor più marcata perché così silente.
Nei racconti di Sconosciute Modiano ripropone la medesima struttura narrativa.
Anche qui protagoniste della storia sono donne giovani alla ricerca di un'identità che non troveranno, consce di essere vive, ma incapaci di dimostrarlo davvero con un segno evidente, un gesto di vera ribellione.
Sono donne che non riescono ad acquisire la sicurezza e rinunciano a cercarla.
Nel primo racconto, intitolato semplicemente Uno, una ragazza arriva a Parigi, in un momento molto intenso della propria esistenza. Cerca nuove prospettive, un lavoro, amicizie diverse. Potrebbe trovare tutto questo, ma sulla sua strada si inserisce un uomo sconosciuto, con un falso nome e una storia difficile, che, nell'arco di pochi giorni la coinvolge profondamente nella sua vita e poi fugge via, scompare, lasciandola "una bionda non identificata" che tale deve rimanere.
La protagonista del secondo racconto è giovanissima, ha appena sedici anni, ma sembra già essere abbastanza decisa sul suo futuro di autonomia e libertà. Lungo il cammino, però, c'è sempre qualcuno che sa come rendere impossibile un futuro, come stroncare ogni velleità, come umiliare una ragazza giovane che, in fondo, non è nessuno.
Infine nel terzo racconto una giovane donna cerca di trovare la propria personalità nascosta tra i ricordi spostandosi da Londra a Parigi e rifugiandosi nella propria dimensione interiore.
Tre racconti di infelicità e solitudine, tre storie sul male di vivere per uno scrittore molto "francese" nella scelta dei tempi e della forma con cui narrare una storia, in cui Parigi, agognata e conosciuta, sognata e irraggiungibile è forse la metafora della felicità, della realizzazione di sé che nella società contemporanea sembra a portata di mano, ma in realtà sfugge continuamente a chi la cerca.
A cura di Wuz.it
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