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"Burla: cosa detta o fatta per ingannare altrui, ma senza danno od offesa, a solo fine di ridere; è meno di beffa, perché non c'è derisione; ma è più di scherzo. Sinonimi: baia, barzelletta, beffa, canzonatura, celia, corbellatura, derisione, irrisione, dileggio, facezia, farsa, gherminella, giarda, giuoco, ludibrio, motto, scherno, scherzo, tiro birbone" (Fernando Palazzi, Dizionario della lingua italiana, Milano 1939, 1a ed.). Nelle diverse sfumature di significato dei termini, i due autori trovano il bandolo per dipanare l'intricata matassa del libro, gli scherzi comminati dagli artisti ai danni di colleghi o di committenti: dalla burla (logicamente strutturata), alla facezia (modo rapidissimo di burlarsi verbalmente), fino allo scherzo composto in punta di pennello.
Il panorama studiato va dal Trecento fino al pieno Seicento, quando la concettosità manierista, la norma accademica e il peso della Controriforma offuscano l'aura giocosa della cultura umanistica. Nel frattempo tutto il Rinascimento fiorentino, con qualche puntata a Bologna e in Veneto, viene passato al vaglio, attingendo al vasto repertorio di fonti per la storia dell'arte. Lasciamo al lettore il piacere di scoprire questa ricchezza di ilarità, che è al contempo antropologica, letteraria e artistica. Scherzi d'artista è libro che offre più livelli di lettura: da quello aneddotico, che si diletta dei brani riportati, a uno più profondo che vuole capire se esista una "toscanità" dello scherzo, e come si leghi storicamente al Rinascimento fiorentino (antico mito civico bifronte che sarà riscoperto da Emilio Cecchi e Giovanni Papini). L'"italico sorriso", ironico e amaro al contempo, vero e proprio "ghigno della beffa", è la "forma simbolica" della cultura etrusca, nasce sul volto dell'Apollo di Veio, e ricompare immutato sul viso della Gioconda, e poi del Machiavelli ritratto da Santi di Tito.
Il libro si divide in tre sezioni, che possono essere lette in sequenza, ma anche in senso inverso, o addirittura saltando in modo intermittente dall'una all'altra. La prima parte è quella in cui sono enunciati gli scherzi, narrati nel Trecentonovelle di Sacchetti, nel Decameron, nelle Vite vasariane, nelle Notizie de' professori del disegno del Baldinucci, nella Felsina pittrice di Malvasia, nelle Cene del Lasca, fino al settecentesco, prezioso Domenico Manni, Le veglie piacevoli, ovvero notizie dei più bizzarri e giocondi uomini toscani. La seconda parte del volume quegli stessi scherzi richiama, affondando però nelle biografie dei maestri, e mettendo in luce per ciascuno di essi la propensione a un tipo particolare di riso. Infine, la terza e ultima sezione tenta di riannodare la tradizione dello scherzo d'artista a una fenomenologia universale, al riso dell'umanità, dalla Grecia omerica fino a Bergson.
Il contributo specifico del saggio sta nell'individuazione della relazione fra arte e scherzo, che può assumere varie forme, in cui affiora la struttura intellettuale dell'artista: Brunelleschi progetta la sua natta al Grasso legnaiuolo con lo stesso calcolo razionale dispiegato nella costruzione della cupola; la burla giocata al buffone Trafredi dal Volterrano si basa sulla contaminazione tardo manierista individuo-oggetto (il pittore dipinse il ritratto del buffone di corte su boccali da vino); Annibale Carracci scelse la forma della caricatura, meccanismo che, come spiegava Malvasia, si basa su un'imitazione accentuata, tale che per forza muoverà al riso; infine, in pieno Settecento, quella sorta di trompe l'œil rovesciato con cui un anonimo pittore fiorentino inseriva il volto reale del personaggio ritratto in un approntato dipinto forato al centro, inganno visivo per cui chi guarda non arriva più a distinguere l'arte dal vero.
L'artista che tira scherzi è coinvolto nel flusso degli eventi, è disposto ad attingere dal "vero", dal "basso", dalla vita, gli elementi di ispirazione del suo fare. A questo proposito, ricordiamo che nel 1936 Fritz Saxl organizzò una serie di lectures al Warburg Institute che avevano come argomento il gioco; vi partecipò Johan Huizinga, che all'Homo ludens dedicherà un famoso saggio due anni dopo, individuando nel gioco essenzialmente un'espressione della libertà umana. Si comprende così perché l'iniziativa "comica" di Saxl trovasse luogo proprio in un periodo tra i più "tragici" per l'Europa.
Nello stesso spirito, Corrado e San Martino si interessano alla burla d'artista non solo per curiosità intellettuale, ma con il trasporto di chi vuol continuare a vedere nel sorriso, nello scherzo, nella facezia e nell'ironia il connotato di un "umanesimo" che rischia di perdersi oggi nell'omologazione e nell'identificazione sorda con gli oggetti. Estrapolare da tanto variegato materiale aneddotico questo ragionamento profondo, comporlo in uno stile letterario coerente, raffinato e particolare, non era decisamente uno scherzo. Annamaria Ducci
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