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Patricia Highsmith (1921-1995) autrice americana di noir, fu tanto famosa quanto schiva e poco interessata a coltivare pubbliche relazioni: visse molti anni in Svizzera in una casa di montagna riattata, dedicandosi ai suoi romanzi e a piccoli lavori di falegnameria. Dai suoi libri furono tratti film famosi, come "L'altro uomo" di Alfred Hitchcock e "L'amico americano" di Wim Wenders, grazie alla trama fittissima di avvenimenti e al notevole spessore psicologico dei personaggi, elementi di ovvio interesse per ogni sceneggiatura. Come giallista, ebbe la pregevole qualità di saper ambientare le sue trame in realtà sociali indagate con attenzione quasi antropologica, e con uno spirito critico acuto e risentito. Di questi dodici racconti, tuttavia, solo alcuni riescono a rispettare atmosfere e ritmi tipici dell'autrice, indagando turbamenti privati (quanti matrimoni falliti, famiglie angosciate, invidie professionali, psicosi trascurate!) e malesseri collettivi (periferie violente, corruzione, inquinamento): altri sembrano fluttuare tra il fantascientifico e un immaginoso poco convinto di sé. Qua e là rispunta il tono mordace e satirico della Highsmith migliore: nella descrizione del conformismo medio-borghese, della vacuità del mondo accademico, dell'asfissia di rapporti sentimentali oppressivi. I due racconti migliori mi sono sembrati "Lo stagno" e "Il farfallino di Woodrow Wilson". Nel primo, una giovane vedova ritiratasi in campagna col suo bambino viene sopraffatta dal crudele antropomorfismo di un acquitrino infestato da erbacce, di cui rimangono vittime sia lei sia il figlio. Nel secondo, un fattorino psicopatico affascinato dalle statue del Museo delle Cere della sua cittadina compie (per sfida, noia e scherno) una strage notturna all'interno dell'edificio, e pur incolpandosene apertamente non viene creduto né dalla polizia né dagli psichiatri, che lo ritengono un innocuo mitomane in cerca di celebrità.
Sono storie tragiche, storie di emarginazione, di solitudine di dolore, di violenze subite ma anche agite. un mondo cupo e buio. L'ultimo racconto della raccolta ha un sapore profetico: la natura violata dall'uomo si difende. Si assiste ad una rivolta degli alberi contro l'uomo che li sta distruggendo, con le sue centrali nucleari. Gli alberi producono delle escrescenze fungose da cui zampilla un " fuoco liquido" che uccide coloro che si avvicinano. Ed è l'apocalisse, la fine di un mondo in cui l'equilibrio uomo-natura è andato distrutto per l'egoismo di quei pochi che detengono il potere e la ricchezza, non sapendo che quando la natura si ribella colpisce indiscriminatamente tutti, senza distinzione di classe.
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