Scacciata dal paradiso è il titolo di un testo di Gianna Manzini (Pistoia 1896 - Roma 1974) apparso il 1° giugno 1963 sul "Corriere della Sera" nella rubrica settimanale "La donna e il mondo" e dedicato alla condizione femminile qual era e quale avrebbe dovuto essere nella società italiana che si andava ammodernando: "In ogni campo, oggi, la donna aspira a esistere, non in quanto idolo, ma per un lavoro, per una professione, per un ardimento, per una capacità", scriveva Manzini, notando come invece la donna venisse regolarmente "scacciata dal paradiso dell'attenzione". Nel volume omonimo Sarah Sivieri ripropone ai lettori questo e una trentina di altri scritti dell'autrice pistoiese, definita una "protagonista nell'ombra" della nostra storia letteraria, che portò avanti nel corso di tre decenni un'intensa attività di opinionista di moda e di costume per diversi giornali e periodici. Nel 2003 Nicoletta Campanella aveva curato per Sellerio il volume intitolato La moda di Vanessa, riunendo per la prima volta gli articoli che tra il 1946 e il 1966 la scrittrice aveva firmato con lo pseudonimo di Vanessa su "La fiera letteraria". In Scacciata dal paradiso sono ora raccolti molti altri testi rintracciati nelle carte della stessa Manzini conservate presso la Fondazione Arnaldo e Alberto Mondadori e negli archivi di "Milano Sera", di "Oggi" o del "Radiocorriere Tv". Nella prefazione, intitolata Una donna che non sa ballare, Bianca Garavelli riconosce alla ricerca di Sarah Sivieri "dedizione più che cura" e attribuisce il giusto valore a questi scritti che hanno come fonte d'ispirazione e traguardo finale "la piattaforma di bellezza su cui poggia il mondo". Il volume è diviso in tre sezioni secondo un criterio sostanzialmente tematico. Nella prima, Ieri e oggi, si trovano testi che ripercorrono attraverso notazioni intime e sociali tutte le tappe dell'esistenza umana, dalla fanciullezza alla maturità. La parte centrale è invece intitolata Dalla parte di lei, con evidente omaggio ad Alba De Cespedes, e contiene articoli rivolti in modo più specifico alle donne. In Fiere di vanità si possono leggere anche alcune storie di credenze e usanze dei secoli XV e XVII apparse su "Oggi" tra il 1941 e il 1947. La prima selezione dimostra con quanta costanza Gianna Manzini si sia rivolta al mondo giovanile ritraendo con maestria sia il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, come nel vero e proprio racconto Ragazzi, del 1942, sia il ruolo delle convenzioni sociali da cui liberarsi (si veda Motivi del 1958) o da preservare per il loro fondo di civiltà (si veda Decadenza della conversazione del 1957). In più di un brano la scrittrice esorta inoltre gli adulti, e se stessa, a non trascurare mai i giovani, un appello motivato nel finale di Come vedo i giovani d'oggi del 1956 con la constatazione che "il sole si leva dove loro appuntano lo sguardo". L'esperienza diretta dell'autrice è lo spunto di molte sue riflessioni, ma appare in modo esplicito solo a tratti, come nel racconto degli accidenti sentimentali della zia in Mia zia Ersilia, del 1951, o come nel ritratto del padre contenuto in Questi genitori, un testo della fine degli anni sessanta che precedette, o accompagnò, l'elaborazione di uno dei suoi libri più noti, Ritratto in piedi, edito nel 1971. Si può forse pensare che taluni aspetti della vita in famiglia siano mancati a Manzini durante l'infanzia trascorsa a Pistoia con la madre alla quale era stata imposta la separazione dal padre, perché questi era anarchico, e poi dopo il trasferimento a Firenze per studiare al Magistero, laurearsi in lettere e sposarsi, infelicemente, con Bruno Fallaci. L'attività pubblicistica della scrittrice, già rivelatasi con diverse raccolte di racconti, ospitati in molti casi su quotidiani e riviste prima che in volume, ebbe inizio in seguito al trasloco a Roma negli anni trenta e all'incontro con Falqui. Essa appare l'esito naturale di un attento scandagliare tra tutti quegli aspetti della vita umana, vissuta e osservata, che possono "suscitare appena una immagine dimostrativa" (come si legge in Un silenzio che non è d'oro, del 1948), un'indagine portata avanti con lo spirito di una "vera palombara della vita minima": così si autodefinì Manzini, il 13 gennaio 1968, in uno dei diari custoditi presso la Fondazione Mondadori. Tra i molti contributi raccolti nel volume, meritano un'ultima segnalazione i due più recenti, che gettano un vivace sguardo retrospettivo e comparativo tra le generazioni: in La condizione di arricchite, del 1971-1972, l'autrice si rivolge alle "arrivate all'emancipazione femminile", le "arricchite" appunto, che devono vincere la sfida di raggiungere questo traguardo "con misura, senz'alcuna arroganza, affabilmente" e "diventare finalmente lezione per molti 'maschi' di tutti i tempi"; Ieri e oggi: una lettera nacque invece dallo stupore di ricevere, nel 1972, una lettera scritta a mano di oltre dieci pagine che apriva uno squarcio temporale in un'epoca ormai al tramonto. Claudio Panella
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