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"Sulla cassa che nel suo monastero custodiva i libri dell'Ipponate, Isidoro di Siviglia (560-636) poteva leggere la scritta: 'Chi afferma di aver letto tutto ciò che è qui contenuto è un bugiardo'" (p. 20). Horn sintetizza Agostino in circa 150 pagine, e paradossalmente fallisce perdendosi in lungaggini e ripetizioni. Il libro è una miniera di notizie preziose e dettagliate, ripercorre con minuzia l'opera del più celebre Dottore della Chiesa e ne elenca pro e contro non esimendosi da un giudizio personale a volte severissimo: Agostino "abbandonò il modello di una libera adesione al cristianesimo [...] per adottare l'idea che la Chiesa fosse autorizzata a usare mezzi coercitivi contro gli eretici. In ciò, l'Ipponate si richiamava alla parabola evangelica degli invitati obbligati a prendere parte al banchetto nuziale ('compelle intrare', Luca 14, 23)" (p. 18). "E ben poco razionale appare anche la dottrina in base a cui il senso della creazione dell'uomo consisterebbe nel ripristinare, aggiungendovi gli eletti, il numero dei beati che risulta diminuito in séguito alla caduta degli angeli ribelli: la maggioranza degli uomini" sarebbe una "massa damnationis" o "perditionis", "una posizione inconsistente dal punto di vista filosofico e insostenibile dal punto di vista etico" (p. 34). Qui i riferimenti bibliografici sono assenti o sbagliati, però il vero problema sta nell'insistere nel (neo)platonismo di tale concetti fino alla teologia negativa derivante dall'ineffabilità dell'Uno (p. 145), al che il "doctor gratiae" diventa fonte di disgrazia per il suo Dio-tutt'altro (p. 162; cf. pure Balthasar). E le "Retractationes" raddoppierebbero il negativo già espresso nelle "Confessiones". Invece l'"analogia entis" è presente eccome, basta ricordare con Christine Mohrmann "il triplice significato che 'confessio' prende nel latino dei cristiani": "confessio peccati et fidei et laudis", confessione non solo di peccati ma pure di fede e di lode verso un Dio d'amore e misericordia.
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