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Quando la tua comunità esplode e tutto va in fumo ci vogliono fortuna, coraggio e determinazione per sopravvivere nel tutti contro tutti di un camion che trasporta clandestini o di un barcone abbandonato alla deriva dai trafficanti d'uomini. E chi ha un sogno forse ha uno stimolo in più per cercare di dare una nuova forma al suo mondo.
"Mister, dimmi tu. Dove posso andare?"
"Ovunque. Sia per la vita che per il calcio, non credo ci sia un posto con meno futuro di questo. Ma per capire se è la scelta giusta c'è un solo modo."
"Quale?"
"Cosa vuoi fare? Qual è il tuo sogno? Non devi rispondere a me, rispondi a te stesso."
Su questo non ho dubbi: "Fare il calciatore".
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Salvati tu che hai un sogno è la storia di Cherif Karamoko, ventenne centrocampista che ha debuttato in serie B dopo essere approdato in Italia su un barcone, spinto dal sogno di costruirsi un futuro in Italia e di diventare calciatore. Il titolo ha in sé già tutta la storia e tutta la sua drammaticità. “Salvati tu che hai un sogno” prefigura infatti un sacrificio, un dramma, una speranza e una salvezza. Il titolo è la frase che il fratello del protagonista, Mory, dice nel momento in cui gli mette addosso un salvagente. Siamo nel mezzo del Mediterraneo, è notte, il barcone con cui 143 persone tentavano la traversata dalla Libia all’Italia affonda. Sono solo 5 i salvagenti disponibili. Mory riesce ad afferrarne uno e a metterlo al collo di Cherif, dicendogli, poco prima di lasciarsi morire, “Salvati tu che hai il sogno di diventare un calciatore e giocare al pallone”. Un sogno nato in Guinea, a Nzérékoré, dove non c’erano squadre e campi. Un sogno nato da scarpe rammendate con un coltello rovente quando la gomma si consumava. Un sogno portato avanti nonostante guerre, stragi, città dove la gente si ammazza, nonostante l’attraversata del deserto, la fame, la sete, la galera, le botte, le torture e i riscatti. Un sogno portato avanti nonostante le grandi difficoltà incontrate nuovamente una volta sbarcato in Italia dove “Non siamo trattati come prevede la legge italiana, e lo sappiamo. Mangiamo poco e male, sempre le stesse cose. E non ci hanno dato ancora un documento. Parliamo male e ci spieghiamo male, l’avete visto. Siamo ammassati, non studiamo, non lavoriamo, non ci visitano”. Nonostante fossi partita prevenuta nel leggere questo libro, ho dovuto ricredermi. E di tanto. Questa storia mi ha profondamente toccata ed emozionata: è una storia vera di un ragazzo che ce l’ha fatta a coronare il suo sogno, quello di diventare calciatore. Ma soprattutto è una storia che nessuno dovrebbe mai vivere. Una storia tanto dura e crudele quanto piena di speranza e sorrisi.
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