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Anno edizione: 2006
Anno edizione: 2010
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Indice
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La ripubblicazione in Italia di Running dog, uscito negli Usa nel 1978, permette di vedere DeLillo alle prese con alcuni dei suoi temi preferiti, dalla rappresentazione della complessità odierna al potere delle immagini, dalla brama di possesso alla morte. Nella cornice di quell'America post-Watergate, nevrotica e in continuo sentore di complotti, ancora traumatizzata dai postumi del Vietnam, il filo conduttore della storia è la ricerca di un fantomatico film amatoriale di un'orgia nel bunker sotto la Cancelleria del Reich negli ultimi giorni del nazismo. Protagonisti della caccia a quello che viene definito "la massima dimostrazione della decadenza del secolo", un agente segreto, una giornalista di estrema sinistra, un senatore amante di arte erotica, un gallerista coinvolto nei traffici della pornografia, reduci del Vietnam, mafia. DeLillo, con una precisione narrativa straniante, rielabora gli elementi convenzionali del thriller e della spy-story in qualcosa di profondamente diverso, un labirinto senza vie d'uscita che si fa beffe di tutti, lettori inclusi.
Il peggior libro che abbia mai letto,non per la trama e nemmeno per le premesse, quelle sono ottime....ma dove voleva arrivare il buon Don? Tutto e' come l'opposto di cio' che ci appare...e questo concetto deveva prendere forma in un romanzo? i desideri perversi di certi personaggi in vista?.....gia' visto e stravisto o meglio gia' letto e straletto.Quello che invece appare, e' una forma di amore mistico per la filosofia di vita dei pellerossa,compresa la capacita'di estraniarsi dal contesto spazio-tempo per il raggiungimento di un fine ultimo che il buon Don avvinazzato indenfica nel raggingimento della verita'....amore-morte sono identici(gia' letto)e si finisce il menu con un cadevere, il cui scopo (morte)nasce solo dalla volonta' dell'autore di desciverne la sepoltura...(pellerossa anche'essa ovviamente)Psichedelico, pessimo ...un consiglio Don, quando scrivi evita gli scotch fanno male al monoscritto.
Recensioni
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“C’è sempre chi è pronto a inventare nuovi segreti, nuove burocrazie del terrore…”
Oggi questa frase, a molti, può apparire banale. Quando è stata scritta, però, era il 1978.
DeLillo era al suo quarto romanzo e negli States iniziava ad essere considerato tra gli scrittori che meglio sarebbero stati in grado di radiografare la propria epoca.
In questo Running Dog sono molti gli aspetti inquietanti. A partire dalla trama: complessa e visionaria (se per visionaria si intende metaforica). DeLillo descrive-denuncia la commistione tra politica, linguaggio, comunicazione, sesso: i giochi di potere. Abbandonate le influenze di Dos Passos e della beat generation - evidentissime, ad esempio, nel primo Americana del 1971- lo scrittore americano inizia con Running Dog a sviluppare quei temi che poi faranno la sua (e la nostra) fortuna.
I successivi Rumore Bianco, Libra, Mao II e Underworld non saranno che un’opera unica sulla tematica – società e percezione mediatica- che in Running Dog è ancora in embrione. È un romanzo di transizione: fa intravedere grandi potenzialità, anche se la macchina narrativa spesso esce di giri. Non è certo una lettura facile, di quelle da stravaccarsi sul divano con le pantofole e il caminetto acceso, ma un romanzo ostico pur nella sua indubbia genialità.
È datato 1978, ma in Italia venne pubblicato per la prima volta nel 1991 da Tullio Pironti Editore con il titolo Cane che corre.
La traduzione Einaudi, a partire dal titolo, è molto diversa.
Proprio per questo Running Dog vale la (ri)lettura e il (ri)acquisto: le due versioni sono diversissime. Quella per Pironti è dura, diretta. La nuova di Einaudi è più soft, ma più scorrevole, più gradevole a leggersi. La differenza, però, non è da poco.
Si prenda la frase citata ad epigrafe di quest’articolo: “C’è sempre chi è pronto a inventare nuovi segreti, nuove burocrazie del terrore”. Nella traduzione Pironti era: “La gente è continuamente coinvolta in operazioni segrete e meccanismi di terrore”.
O ancora: “Il progresso ci toglie la capacità di reagire” nell’edizione Einaudi diventa: “Le macchine ci rendono docili”.
E ancora: “Solo il fatto di essere controllati, sezionati, registrati ci fa sentire come se davvero stessimo facendo qualcosa di sbagliato. È un peso enorme, una struttura complessa. E non c’è nessuno in grado di spiegarci come funzioni” diventa “ È la semplice presenza, il fatto in sé, la sovrabbondanza di tecnologia che ci fa sentire dei criminali. Solo il fatto che queste cose esistano e siano così diffuse. I processori, i decodificatori, le selezionatrici. Bastano a farci sentire dei criminali. Che peso enorme. Che programmi complessi. E nessuno che ci spieghi come funzionano”.
Non si tratta, diciamo così, di particolari di poco conto: Running Dog è un altro libro, nuovo, fiammante, lussureggiante nello splendore da nuovo millennio, rispetto alla traduzione di Cane che corre.
Per questo la lettura è consigliatissima: questo di DeLillo non è soltanto un “grido democratico”, ma anche un esEMPIO di come la traduzione sia uno di quei meccanismi mediatici che, forse, lo scrittore americano non aveva calcolato.
A cura di Wuz.it
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