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Tommaso Campanella. Tra utopia e finta follia (Gazzetta di Parma, 1997) DANTE MAFFIA Il romanzo di Tommaso Campanella Siamo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. L’Italia del Rinascimento è ancora nascosta, qua e là qualche traccia, qualche sospetto, qualche elemento di apertura. Campanella nasce a Stilo, in Calabria, nella terra più arida e desolata di quel secolo. Miseria, fame, tormenti e sfruttamenti spagnoli lasciano ben poco di quell’isola feconda della Magna Grecia. E la sua storia viene raccontata oggi ne Il romanzo di Tommaso Campanella di Dante Maffìa (Spirali). Con tante storie e pochi libri, Giandomenico incominca la sua avventura. Ricorda ciascun particolare, osserva ciascun dettaglio, si domanda se proprio loro, Catarinella e Geronimo, l’abbiano messo al mondo. È semplice, sotto le finestre della scuola, a lui interdetta, imparare a leggere e a scrivere. Ricordare le storie della Bibbia, le prediche ascoltate in chiesa, le lezioni di greco e latino. Da dove viene questo ragazzo, discolo, dispettoso, eppure generoso, intelligente, dotato di prodigiosa memoria? È vero che il diavolo si annida nel dito mignolo della sua mano? O è forse Dio che manifesta tutta la sua onnipotenza e la sua bontà in questo bambinotto piccolo e tarchiato? A tredici anni entra in convento nell’Ordine dei Domenicani. Si aspetta di trovare degli interlocutori alla sua portata, ma la questione rimane sempre quella. Tanti libri, in convento, e storie comuni, squallide, aride. Pettegolezzi e invidie, calunnie e disdicenze. Molti libri proibiti, e tante notti insonni popolate da incubi, nello scenario di enormi biblioteche minacciate dal fuoco. Tommaso è inquieto. La sua curiosità è inarrestabile, la sua solitudine incolmabile. Nessuna apertura, nessuno spiraglio di parola, nessuna conversazione che non risulti poi rivoluzionaria, eretica, violenta. Da un convento all’altro, fino alla fuga. Fino all’università di Padova dove studia medicina e arti magiche, astrologia, fisica, filosofia. Fino all’arr
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