In un libro documentato e corredato da molte immagini (Un romanzo di carta, pp. 206, 18,50, Marsilio, Venezia 2014) Roberto Moisio ha voluto ricostruire la storia del Salone del libro di Torino, dalla sua ideazione nel 1987 a oggi. Considerando le trasformazioni e le dimensioni internazionali che ha assunto la manifestazione negli ultimi anni, fa effetto pensare alle origini del progetto: tutto parte negli anni ottanta dall'idea di un libraio molto noto a Torino, Angelo Pezzana, che ascolta alla radio l'annuncio della nascita del primo festival internazionale del libro a Managua, in Nicaragua: "Io avevo già cominciato a proporre qualcosa di analogo ad alcuni editori italiani che però mi guardavano straniti: Pensavano che nessuno avrebbe fatto un investimento del genere: 'è mica il Salone dell'Auto. Lì vanno tutti, chi vuoi che venga a un Salone del Libro?' (
) 'Ma se non comprano i libri in libreria, tu vorresti che la gente pagasse per entrare e poi magari pensi anche di venderli i libri
Tu sei pazzo'". Ma Pezzana ha un'idea precisa e la espone a membri della Giunta regionale, e poi a Bertolotti, presidente di Torino Esposizione. Così, di mano in mano, la sua idea si arricchisce (passando attraverso le menti di personaggi come Guido Accornero e Armando Testa, inventore del logo) e mette a fuoco la propria vocazione principale, che non è quella di vendere libri, ma quella più ampia di promuovere la lettura e di incentivare la cultura. Già nel 1988 Bianca Vetrino sottolineava in consiglio regionale la scarsa diffusione della lettura in Italia: "Un paese che legge poco è un paese dove vi è poca cultura generale. E questo significa conseguentemente povertà professionale, scarsa conoscenza dei propri diritti e doveri, significa una società tecnologicamente avanzata, ma con un basso livello di civiltà". Queste le prospettive da cui prende le mosse il progetto del Salone del libro di Torino che ovviamente si scontra con molte difficoltà organizzative ed economiche ma intanto attira, fin dalla prima edizione, 100.000 visitatori. Il secondo anno viene avviata la scuola di traduttori con Magda Olivetti ma poi lo spostamento a Lingotto mette in crisi tutto, per problemi di sicurezza e la risistemazione degli spazi; Beniamino Placido ha la felice invenzione della proposizione di un tema diverso per ogni anno di edizione, ma Milano contrasta fortemente il Salone torinese, soprattutto dopo la presenza della Francia come ospite d'onore per due anni consecutivi. La storia delle cadute e delle resurrezioni del progetto viene ripercorso con attenzione e con l'aiuto di testimonianze e racconti. Nasce la Fondazione con Mercedes Bresso, che si sforza di distinguere la parte culturale, a cui viene data piena sovranità culturale, ideativa e di comunicazione, dalla parte commerciale, affidata a un partner economico esterno. Siamo ormai alle soglie del duemila, ma la Fondazione per il salone del libro ha ancora bisogno del sostegno degli editori: Laterza difende pubblicamente le ragioni della presenza del Salone a Torino, affiancato da Elvira Sellerio, mentre l'ostilità di Milano si esprime nel 2000 attraverso la decisione della Mondadori di non partecipare alla manifestazione. Nello spazio lasciato vuoto nasce allora il "giardino dell'assenza", una risposta esplicita e spettacolare che non giova all'immagine dell'editore stesso. Si consolida in quella fase la consuetudine di appuntare l'attenzione su un paese estero, con un'apertura internazionale che si precisa meglio nel tempo. Un'altra tappa fondamentale per nuova identità del salone è rappresentato da Bookstock, il cuore del Salone, emanazione di "Nati per leggere" e diventato il centro culturale e il luogo dell'educazione alla lettura per gli studenti delle scuole. Nell'intervista riportata all'interno del libro, Ernesto Ferrero si sofferma proprio sull'evoluzione del Salone con riferimento allo stretto rapporto con le scuole, curato con successo da Maria Giulia Brizio: "Il lettore lo formi in età pre-scolare e lo formi in famiglia, con queste famose letture ad alta voce (
) è li che crei la fascinazione del racconto del racconto e dell'affabulazione che poi il bambino, quando imparerà a leggere, svilupperà per conto proprio. Il secondo anello contiguo è, ovviamente, quello della scuola; per tutta una serie di ragioni ha sviluppato più l'uso di certi strumenti di analisi applicati alla lettura, che il puro piacere della stessa, che ti insegna a leggere la realtà nelle sue varie sfumature". Quest'anno i visitatori avranno notato l'attenzione particolare dedicata al Cook book e quindi la presenza di "cibo", pasta e cuochi all'interno del salone, che qualcuno ha considerato fuori luogo, nell'ambiente della parola scritta e dei dibattiti. Maurizio Pola sta preparando per il 2015 un progetto impegnativo, centrato sul paesaggio, tema e problema cruciale della nostra convivenza, perché, come spiega Moisio, "il libro è lo specchio della società che cambia e la centralità del libro è data dall'essere una sentinella sensibile di questi avvenimenti". Monica Bardi
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