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Attraverso l’analisi dell’impegno politico di Roberto Farinacci il volume offre una nuova prospettiva dalla quale guardare sia al radicalismo fascista delle province che al partito negli anni successivi alla marcia su Roma, fino alla crisi Matteotti, alla svolta totalitaria del gennaio del 1925 e alla segreteria del partito del ras cremonese. Il ruolo egemone di Farinacci è individuato in una peculiare strategia di rafforzamento del fascismo, tramite la violenza e la produzione mitica e simbolica volta a imporre il partito allo Stato tanto in provincia che nelle istituzioni centrali stesse. L’uso accorto delle polemiche, la valorizzazione del fervore ideologico e dello spontaneismo, l’individuazione di rapporti e di obiettivi comuni con i sindacati nazionali, l’attenzione ai prefetti e alla riforma elettorale dimostrano la centralità del progetto totalitario di Farinacci, e la sua capacità di contribuire in maniera significativa al movimento di Benito Mussolini e alle sue strategie di conquista del potere. L’analisi della segreteria del Pnf di Farinacci conferma questi elementi, e il ruolo egemone che il partito ebbe anche nei confronti dell’autorità dello Stato. La comprensione di questa fase fondamentale del fascismo permette di gettare una nuova luce sulla introduzione del mito del duce, dell’imperialismo razziale e del mito della romanità nel 1925-1926 quale inevitabile momento definitorio del fascismo stesso, imprescindibilmente legato alla cogenza dell’impegno politic0 nel fascismo e alla necessità di dare fondamento a un regime e a una ideologia che avrebbe informato in maniera non episodica la vicenda nazionale italiana.
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