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Secondo le tesi di Guattari la rivoluzione, intesa come abbattimento del capitalismo, non riguarda lo Stato, le leggi, la produzione, i rapporti tra le classi, il ruolo delle masse, le lotte operaie, ma deve sconvolgere e rinnovare tutti gli aspetti della realtà - inconscio, percezione, produzione, arte, scienza, politica... - combattendo le «enunciazioni individuate» e trasformandole in fenomeni collettivi. Ciò che caratterizza il capitalismo, come sistema oppressivo e di sfruttamento, è la compartimentazione; cioè la rottura delle comunicazioni tra i vari mondi della realtà, che è separazione dei ruoli, divisione dellavoto, fino alle specializzazioni, da cui sono tenuti rigidamente separati «i registri del discorso scientifico, del discorso politico, di quello artistico, ecc...» L'alternativa, la creatività, la società nuova si realizzano dunque nel riconoscimento e nel rispetto di quelle che Guattari definisce le concatenazioni tra i molteplici momenti e significati del vivere, tra inconscio e percezione, tra lavoto e cultura, intrecci spontanei, soffocati dalle «formazioni oppressive del potere», micce che accendono la lotta per «nuovi spazi di libertà».La «rivoluzione molecolare», di conseguenza, è quella che scoppia e si sviluppa su tutti i registri, come scrive l'autore nella prefazione all'edizione italiana: «In sostanza, ipotesi di una rivoluzione molecolare che avrebbe luogo sincronicamente su tutti i registri, quelli del rapporto con il tempo, con il cosmo, con le parole, con i suoni, con le carezze, con le cose di tutti i giorni, con i progetti piú pazzi, piú audaci. Ricerca di una regolazione sociale che non sarebbe piú fondata sulla Legge sadica, la Legge perversa del Capitale, del Burocrate, del Portavoce di professione, del Giudice pubblico e del Giudice intimo».In questo libro, tale ipotesi scorre appunto dalla lotta di classe al cinema, dal nuovo fascismo alla semiotica, dall'antipsichiatria a Radio Alice. «In tutto questo - scrive provocatoriamente Guattari - non c'è niente di costruttivo», se non la forza spontanea del movimento, che si forma una competenza «strada facendo».
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