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recensione di Bobbio, M., L'Indice 1992, n. 3
Da quando, anche in Italia, si è andata estendendo la pratica dei trapianti, si è formato un agguerrito gruppo di opinione contrario all'utilizzo degli organi espiantati da cadavere. Tra le varie obiezioni all'espianto, si insiste sul fatto che, per soddisfare la bramosia di chirurghi in cerca di fama, vengano prelevati organi anche a persone che proprio morte non sono. Vengono riportate storie di morti apparenti, di pazienti in coma che si riprendono, di soggetti con lesioni cerebrali ritenute irrecuperabili, i quali invece, piano piano, ritornano inaspettatamente in possesso delle loro facoltà mentali e riprendono una vita del tutto normale. L'uscita del libro potrà servire d'appiglio a questo tipo di riflessioni. È infatti la storia, raccontata dalla moglie psicologa clinica, di un filologo e linguista di fama mondiale, che all'età di 59 anni entrò in uno stato di coma dopo un intervento di bypass aortocoronarico "di routine".
Sono descritte le ansie, le speranze mai del tutto abbandonate, le lunghe attese, i primi segnali vitali, la vita di una famiglia all'improvviso riorganizzata intorno a un corpo vivente ma senza reazioni, e poi i primi movimenti accompagnati dal timore che regrediscano, i primi suoni incomprensibili, le prime parole nella lingua dell'infanzia, le battaglie contro i deprimenti bollettini dei medici ("ln data odierna nessuna novità"), l'ansia che il miglioramento si arresti in qualunque stadio restituendo un corpo con una vita irrimediabilmente compromessa. Il marito dell'autrice, Moshe, è rimasto senza coscienza per cinque settimane e dopo alcuni mesi ha ripreso la totale padronanza delle sue facoltà mentali superiori, reimmergendosi negli studi di aramaico, siriaco e uguritico, affrontando viaggi intercontinentali e conferenze, iniziando nuovi progetti di ricerca, scrivendo libri.
Dalla minuziosa descrizione, ci si rende conto che il paziente non si è mai trovato in una condizione di morte cerebrale che, in Italia, darebbe l'inizio al periodo di osservazione per dichiarare lo stato di morte e per procedere all'espianto degli organi. Il paziente è precipitato in uno stato di coma profondo (respiro spontaneo, movimenti degli occhi e degli arti), condizione nella quale la ripresa completa e totale avviene di rado in soggetti di una certa età e in coma per un lungo periodo di tempo. La mancanza di chiarezza tra la condizione di morte cerebrale e di coma consente il perpetuarsi di pregiudizi nei confronti dell'espianto di organi. La prima si configura come un danno cerebrale organico irreparabile con la cessazione definitiva della completa funzione del cervello; il coma, più o meno profondo, presenta invece gradi diversi di evoluzione, dalla guarigione totale, al coma irreversibile con uno stato vegetativo che può durare per anni.
Il libro però consente anche una seconda lettura: il ruolo che può aver giocato nella guarigione inaspettata la lucida determinazione della famiglia. Quale ruolo potrà avere avuto l'affetto incondizionato, il sentirsi incoraggiato e necessario, l'essere aiutato con pazienza e tolleranza a superare la fase del negativismo di quando, ricominciando ad acquisire lucidità in assenza di pienezza delle facoltà mentali, il paziente diventa insofferente, rifiuta tutto e maltratta chiunque gli capiti a tiro?
In realtà il paziente non ricorderà nulla di quanto avvenuto durante il coma, quando qualunque impulso esterno sembra non essere associato ad alcuna reazione; come se nel cervello non avvenissero connessioni nervose, come se le interazioni in grado di far riemergere le informazioni archiviate per anni, da quelle più semplici dei movimenti a quelle più complesse dell'articolazione della parola e della formazione del pensiero, fossero state rimosse da un corto circuito.
Ora Moshe è ancora un po' fragile e irascibile, ma ha ripreso tutto il suo umorismo e nella postfazione dichiara di non ricordare alcuna sensazione percepita dei mesi trascorsi nello stato vegetativo, per cui non potrà essere di alcun aiuto ai botanici per spiegar loro cosa significhi "essere vegetale".
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