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2010
1 gennaio 2010
299 p., ill. , Brossura
9788887692266

Voce della critica

Ritorno a Nessun Dove è il primo romanzo tradotto in italiano della scrittrice turca Oya Baydar. Si indugia sulla copertina, la cui illustrazione (l'abbraccio tormentato di due ulivi), dai tratti leggermente a rilievo, produce una sorta di sinestesia con il testo del retro. La lettura è un piacere intermittente, a tratti intenso, coinvolgente, commovente fino all'irritazione per lo scivolamento di talune pagine nel sentimentalismo e nella retorica, salvo poi accorgersi che il disappunto è nell'inatteso irrompere di un registro poetico di cui è inframmezzata la prosa. La narrazione si svolge sul filo della memoria, i due protagonisti – un uomo e una donna legati da passione politica e amorosa nella Turchia insanguinata dai colpi di stato militari del '71 e dell'80 – raccontano la loro storia attraverso lunghi monologhi interiori costruiti come un unico struggente dialogo tra i due, se stessi, e vari personaggi secondari che ricompongono il mosaico di una generazione sconfitta. È l'esercito dei vinti dopo la caduta del Muro di Berlino, "l'avanguardia ufficiale che sospingeva il corso della storia" che vede "verità, speranze, stelle e bandiere fatte a pezzi" come quel Muro, simbolo di un confine tra il "Dove" dell'ingiustizia sociale, e il "Dove" della realizzazione di un ideale di giustizia e uguaglianza. Quel crollo segna la fine dell'esilio, e il ritorno è verso Nessun Dove in cui "nulla di ciò a cui si torna è qualcuno, nessuno è qualcosa". La storia di un amore bruciato in amplessi esaltati dalla clandestinità si intreccia con il racconto di una pagina buia della storia della Turchia, dove i militanti del Partito operaio turco erano perseguitati, torturati, costretti all'esilio. Oya Baydar, testimone e protagonista di quegli anni, suggerisce una chiave di lettura non univoca delle differenti declinazioni storiche del socialismo e della caduta del Muro, per condurre infine il lettore, stanco di portare il peso del suo dolore, su un'isola "rifugio della rassegnazione" "qual punto estremo in cui l'utopia si trasforma in Nessun Dove". Sullo sfondo la figura di un grande esule e testimone del suo tempo, Nazım Hikmet, i cui versi sono il volto della protagonista – i suoi capelli sono di fieno biondo – e la sottile tessitura di alcune delle pagine più significative del romanzo.
Paolo Russo

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