Un anno fa, dopo appena 70 anni dall’affermazione del principio costituzionale di uguaglianza, il legislatore si è accorto che i figli sono tutti uguali e ha eliminato quell’odiosa distinzione tra figli legittimi e figli naturali che risentiva, come quasi tutto in questo Paese, di un’ideologia fortemente reazionaria ostile a ogni forma di progresso. Etichettare come «legittimi» i figli nati da una coppia sposata equivale a bollare come «illegittimi» quelli nati da una coppia convivente. L’aggettivo, però, è parso troppo forte anche al legislatore fascista del 1942, che ha optato per l’espressione più morbida «figli naturali». Ma la sostanza non cambia: fino a qualche mese fa sono stati considerati degni di protezione soltanto i figli legittimi, mentre gli altri erano figli di una legge minore, appunto perché nati da una coppia che non aveva consacrato il proprio amore davanti ad un altare o ad un grigio funzionario del Comune. Qualche timido passo in avanti fu fatto dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, ma la discriminazione tra figli legittimi e naturali non fu cancellata. Poi, finalmente, il 10 dicembre 2012 i bambini hanno trovato sotto l’albero la legge n. 219, che ha affermato, nell’incredulità generale, che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico (art. 315 c.c.), che i figli legittimi da ora in poi si chiameranno «figli nati nel matrimonio» e quelli illegittimi (pardon, naturali) «figli nati fuori dal matrimonio», e ha addirittura sollecitato il Governo (che ha miracolosamente risposto in tempi accettabili con il D.Lgs. 154/2013) a emanare un decreto legislativo per eliminare ogni residua discriminazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio. Insomma, nel giro di un anno il legislatore ha fatto quello che sedici parlamenti non avevano fatto dal 1948 ad oggi. Le modifiche introdotte dalla L. 219/2012 e dal D.Lgs. 154/2013 sono numerose e riguardano, tra le altre, lo stato giuridico dei figli, la nozione di parentela (art. 74 c.c.), la dichiarazione giudiziale di paternità, la responsabilità genitoriale (che ha sostituito la potestà), le nuove competenze del tribunale ordinario, la ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione, la modificazione della disciplina del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, l’abbassamento dell’età del figlio minore ai fini dell’azione di disconoscimento della paternità (art. 244 c.c.), l’unificazione della disciplina sui diritti e i doveri dei genitori, la disciplina del diritto all’ascolto del minore e il riconoscimento del diritto dei nonni di mantenere rapporti significativi con i nipoti. Dopo una parte introduttiva dedicata all’inquadramento delle novità introdotte dalla L. 219/2012 e dal decreto delegato n. 154/2013, il volume affronta, nell’ordine, le novità che hanno riguardato la disciplina matrimoniale (matrimonio putativo, diritti e doveri nascenti dal matrimonio, responsabilità genitoriale), il nuovo status di figlio, la neonata nozione di responsabilità genitoriale (con uno sconfinamento nel rapporto nonni/nipoti), la materia successoria, le modifiche alle leggi speciali (divorzio e adozione) e agli altri codici (penale, procedura civile e penale), i profili internazionali ed europei e, infine, la nuova disciplina del cognome dei figli introdotta dal D.Lgs. 154/2013 e, prima ancora, dal d.P.R. 54/2012. A differenza degli altri volumi della collana «Bussola», si è ritenuto, per comodità espositiva, di non analizzare ciascuna norma singolarmente ma di raggruppare più disposizioni e commentarle organicamente. La seconda parte del volume mette a confronto la disciplina anteriore e successiva al D.Lgs. 154/2013, consentendo di mantenere la rotta tra aggiunte, modifiche e soppressioni varie.
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