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Riflettendo sul sentimento del divino Il Centro Scientifico editore ha da qualche tempo aperto una collana di psicologia della religione, diretta dal prof. Mario Aletti. Un aspetto specifico, quello della psicologia della religione, che studia quanto e cosa sotto il profilo psicologico c'è nell'adesione ad essa: non solo la fede ma anche la negazione e il rifiuto di essa. È una collana che propone pubblicazioni specialistiche, leggibili con un po' di impegno, molto interessanti. Questo testo, di Gaetano Benedetti, di letteratura oltre che chiaramente di psicologia e psicoanalisi, affronta quei ‘grandi problemi umani che riguardano l'uomo tutto e impegnano anche il terapeuta a riflettere sul dolore, sulla colpa, sulla relazione dell'esistenza con la trascendenza'. Il dolore come mancanza, la mancanza, quella che è alla base della vita e che se da un lato dà forza al carattere di ognuno, dall'altro si sviluppa in una carica prepotente che può travolgere. E che non può essere contenuta veramente né dallo psicoterapeuta né dalla religione, tanto meno dallo Stato, solo fornitore di norme e condizioni più o meno in collisione con la parte più personale, quella vera, di noi. Lo psicoterapeuta, quando coinvolto, potrebbe essere capace di sentire dal di dentro il dolore del paziente, ripeterselo, riprodurlo ‘in una cornice psichica diversa, aperta cioè ai modi creativi di esperire che sono chiusi al paziente, cosicché ciò che di lui è rimosso o dissociato, muto e incosciente, diventi coscienza, parola (…)'. Lo psicoterapeuta come uno che ascolta. Benedetti ha ascoltato sessant'anni nella sua attività con una sensibilità e una solidarietà straordinarie con i pazienti, con le persone. Nella postfazione Erwin e Alice Hegglin scrivono: “Benedetti ci ricorda che, in quanto esseri parziali e manchevoli, cerchiamo in ogni momento di colmare il nostro vuoto appropriandoci dell'altrui (…). Conflitti di cui non possiamo trovare una soluzione, ma ai quali dobbiamo rispondere esistenzialmente”. (ed)
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