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Saggio di qualche anno fa ma decisamente interessante, in cui l'autore analizza in dettaglio i risvolti della "rete" negli ultimi anni. Lettura scorrevole. Consigliato
Un viaggio nella rete, dalle speranze di 20 anni fa di nuove opportunita' di conoscenza e sapere, ai giorni nostri, dove ai colossi come Apple, Google, Facebook e Twitter si affiancano la National Security Agency e i regimi autoritari in grado di padroneggiare e manipolare le nuove tecnologie.
Rampini ci insegna che la rete è uno strumento molto utile ma anche un'arma a doppio taglio, in particolare per quel che riguarda la nostra privacy e la nostra internet-dipendenza. Viviamo in un'era dalle tecnologie avanzate ma nella quale siamo controllati a vista e spesso, anche inconsapevolmente, privati della facoltà di scegliere e decidere. Siamo marionette nelle mani dei signori della terra. Da leggere per aprire gli occhi!
Recensioni
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“Quella che state per leggere non è una lamentazione a senso unico sui danni di Internet e dei gadget digitali, anche se di alcune derive patologiche bisogna essere consapevoli: il progresso è tale se ne restiamo noi i padroni.” Esordisce così Federico Rampini, avvisandoci che lui non vuole schierarsi fra i detrattori della modernità, fra coloro che per principio si contrappongono al progresso tecnologico. Il suo discorso infatti - che non a caso nel titolo omaggia un saggio critico fondamentale di Scalfari e Turani sul sistema industriale pubblicato da Feltrinelli nel 1974, Razza padrona. Storia della borghesia di stato - non è un pamphlet antistorico e miope su una realtà inconfutabile e inarrestabile (densa di aspetti positivi), ma vuole essere un'analisi più ampia e circostanziata di come questa evoluzione tecnologica abbia delle conseguenze, delle ricadute in termini di libertà individuale e certamente in ambito sociale, economico e politico.
“Sono convinto che, nel bilancio finale tra i costi e i benefici della modernità, ci sia ancora un segno positivo”, scrive Rampini dal suo luogo d'osservazione privilegiato tra San Francisco e la Silicon Valley. Ma “il volto prepotente e malefico della Rete ci riguarda tutti” perché alcuni “cattivi del web” hanno assunto un ruolo economico che ha - su larga scala - ripercussioni sugli equilibri internazionali, ma anche, nel piccolo, sulla vita quotidiana di ciascuno di noi. “Sono loro i nuovi Padroni dell'Universo. Ogni cittadino del mondo deve conoscerli - e, aggiungiamo noi, riconoscere le loro strategie -, per imparare a difendersi”.
Difendersi dalle formidabili macchine di marketing di questi colossi e riuscire a vedere anche nelle idee più cool e innovative (un esempio tra tanti? i Google Glass) i lati negativi o pericolosi (“tenere un sensore ubicato in semipermanenza sulla fronte, così vicino al cervello, in futuro sarà considerato una pazzia, peggio che fumare un pacchetto di Marlboro al giorno”) è fondamentale per mantenere autonomia di pensiero.
Quello stesso pensiero che ormai si frammenta costantemente fra email, post, sms... anche al lavoro il tempo “perso” con questi nuovi strumenti di comunicazione - che più che renderci multitasking ci trasformano in perenni distratti - non aiuta a diventare più efficienti: “Ci sono manager schiavizzati dal loro BlackBerry 24 ore su 24. Che lavorino anche bene è tutto da dimostrare”. Che dire poi delle “stampelle digitali” che ci sostengono quotidianamente? Cosa accadrà alla banca dati del cervello umano lentamente soppiantata dai vari device a cui ci affidiamo? La memoria umana ha bisogno di essere tenuta in allenamento continuo: “cosa succederà quando avremo consegnato definitivamente questa facoltà ai nostri gadget cellulari?”.
La Rete è meravigliosa, uno strumento unico e straordinario, ma siamo sicuri di saperlo usare? “Non tutti sono uguali davanti alla Rete”. Questione di cultura, preparazione, attenzione. Degli adulti come dei teenager. Come si fa una ricerca online? come si difende la privacy sui social? In fondo i ragazzi hanno spesso in merito risposte migliori di quelle dei loro genitori. Rampini cita John Perry Barlow (autore delle canzoni dei Grateful Dead): “Voi siete terrorizzati dai vostri figli, perché sono nativi in un mondo dove voi sarete sempre immigrati. Poiché li temete, delegate alle burocrazie la responsabilità che nella vostra codardia non volete assumervi”.
Ma ciò non significa che non vi siano aspetti negativi nella comunicazione online nelle sue varie forme. Uno di questi, ben sottolineato da Rampini, è l'anonimato che genera il libero sfogo dell'aggressività, “una severa smentita verso i tecno-ottimisti, quegli ideologi che di Internet hanno voluto esaltare solo il potenziale liberatorio, livellatore, egualitario e progressista”. La colpa, come sempre, non è della tecnologia ma di chi la usa.
La rapina del secolo è la seconda parte del saggio, dedicata ai colossi che hanno monopolizzato la Rete e la comunicazione e che stanno cercando di fare tabula rasa della concorrenza in un mercato libero che li favorisce (come accade in modo particolare nel Stati Uniti). La sensibilità pubblica e politica in questo senso si sta svegliando, molte nazioni stanno ragionando sul rischio di una sorta di monopolio e di una evasione fiscale legalizzata. Protagonisti di queste pagine: “Lucifero Jobs, l’arcangelo decaduto” (i lati oscuri di Jobs e della sua creatura Apple sono molti); “Google e l’arroganza del teenager” (“chi ricorda ancora l’epoca in cui giurarono che mai e poi mai la pubblicità si sarebbe infiltrata nel motore di ricerca?” e non è lo scivolone peggiore della loro storia secondo Rampini); “I tentacoli di Amazon”, capitolo che si apre in maniera eloquente, “chi ancora identifica Amazon con la vendita dei libri online è indietro di molti capitoli ”ormai vende di tutto, perfino armi da fuoco, e “ha gettato la maschera, aprendo l’ultimo capitolo della sua ascesa monopolistica”; “Facebook dopo Cristo”, un’analisi economico-politica dei colossi della comunicazione social e dell’economia digitale in toto che “hanno fiducia che la redditività arriverà ma al termine di un percorso strategico che insegue altri obiettivi. I grandi numeri, Il dominio planetario”. Un capitolo particolare è quello dedicato a Bill Gates, corredato da una breve intervista, in cui “il filantropo più famoso al mondo” racconta come si può cambiare strada (o almeno provarci).
Per contro Rampini evidenzia anche gli aspetti negativi di una scelta opposta e completamente free, “dove ogni bendidio è alla portata di un clic, gratis”: stanno lentamente scivolando verso la povertà musicisti, scrittori, traduttori… la gratuità di Internet non genera ricchezza né posti di lavoro.
Si può “governare” Internet? una risposta si può trovare analizzando i casi di spionaggio più noti e le reazioni del potere. E non si parla solo di Stati Uniti ed Europa, ma anche di Cina, Russia, Medio Oriente: la rivolta antiautoritaria in Egitto battezzata frettolosamente “la rivoluzione di Facebook e Twitter” dov’è finita? “Solo in tempi recenti – scrive Rampini – si è radicata la scemenza che consiste nel dare valenza politica alle nuove tecnologie”.
Ecco, proprio alla fine, qualche spiraglio di ottimismo: straordinarie possibilità di sviluppo che vengono elencate e che portano a pensare che “l’accumulazione poderosa di nuove conoscenze – a cui tutti potremo accedere – ci consentirà di vincere le grandi sfide del nostro futuro”, come scrive il tecnologo Peter Diamandis, entusiasta fautore di una “metaintelligenza collettiva”. Vivremo più a lungo? La nostra vita sarà migliore? Vinceremo povertà, inquinamento, malattie? Le nostre comunità saranno più eque, gestite meglio e con governi più illuminati e controllati dai cittadini? Tutto possibile, ma osservando la Silicon Valley oggi sembra ancora fantascienza.
A cura di Wuz.it
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