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Anno edizione: 2020
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Quando la musica si trasforma in arte e diventa un evento unico ed irripetibile. Questo in estrema sintesi è Requiem. Il concerto, avvenuto all’interno di quell’evento leggendario che è il Roadburn Festival, è stato la realizzazione di un evento unico. I Triptykon del grande Tom Warrior si sono lanciati in un’impresa dai molteplici rischi, ma ne sono usciti da vincitori. Accompagnati dalla Metropole Orchestra hanno eseguito tre brani, uno dei Celtic Frost, uno dei Triptykon ed uno inedito, scritto probabilmente per l’occasione. Si tratta di “Grave Eternal”, brano maestoso, in cui l’orchestra di fonde alla perfezione con il metal. Quello di cui mi preme parlare in questa sede è l’aspetto emozionale, tralasciando l’aspetto tecnico. Requiem è un lungo viaggio nei meandri dell’oscurità. E’ un’opera che fonde perfettamente il metal con gli strumenti classici. I due mondi si compenetrano alla perfezione. L’uno non è, come di solito avviene, ed è il grande difetto di questo tipo di esperimenti, accompagnamento dell’altro. In Requiem assistiamo alla compenetrazione dei due mondi musicali. Questa compenetrazione permette di ascoltare un’opera dalla forte intensità, in cui, nei vari momenti, e nei vari passaggi, abbiamo la potenza del metal, in altri è l’orchestra che prende il sopravvento. Quello che colpisce è la fusione perfetta tra gli strumenti, elettrici ed acustici. In mezzo ci sono solos, psichedelia, drone. La voce profonda di Tom Warrior e la voce angelica di Safa Heraghi sono il terminale perfetto che nei vari momenti riescono a dare qualcosa in più. Ci troviamo di fronte ad un’opera moderna di rara bellezza ed intensità.
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