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Sull'itinerario di De Felice il volume sceglie di ripercorrere una sterminata produzione, ricorrendo ad ampie citazioni e non menzionando volutamente le ricadute polemiche di molte delle tesi sul fascismo. Senza aggiungere elementi di novità alle analisi di Simoncelli, Gentile e Moro, si parte dalla formazione intellettuale, segnata dallo storicismo crociano, mediato dai maestri Chabod e Cantimori, dalla filologia erudita di De Luca e dall'influenza delle scienze sociali. Il contatto con Germani e Mosse avrebbe via via indotto lo studioso a interpretare l'azione politica come risultato di un insieme di stati d'animo, miti, credenze, riassumibili in una nozione allargata e antropologica di cultura. Proprio in un simile approccio risiederebbe l'innovazione metodologica più significativa, che consiste nella valutazione dei fenomeni politici siano essi il giacobinismo, la storia degli ebrei, il fascismo in termini complessi e prismatici; inoltre, la continua revisione dei risultati renderebbe possibile conseguire non l'utopica obiettività storica, ma una sua accettabile approssimazione. Ecco che la lettura del fascismo, alla cui analisi si attribuisce ampio spazio, viene qui affrontata nella sua componente politica, sociale, psicologico-emotiva, istituzionale, individuando tra le acquisizioni storiografiche più emblematiche il riconoscimento della matrice sovversiva del fascismo delle origini, la contrapposizione, negli anni della stabilizzazione del potere, del binomio fascismo movimento - fascismo regime, l'importanza della svolta del 1936, totalitaria specie in tema di consenso di massa. Benché marginale, la riflessione sul carattere totalitario, fenomeno che De Felice distingue dalle coeve esperienze naziste e staliniane, oggi non può che fornire un ulteriore tassello al dibattito sul controverso concetto di totalitarismo.
Alessia Pedio
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