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Anno edizione: 2012
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Dopo aver letto il libro, posso dire di conoscere in profondità questa persona che si chiama Vera e che mi ha fatto riscontrare non pochi risvolti della sua vita uguale a quella di tante donne che conosco. E' insomma un libro di vita, un racconto autobiografico tutto vero sia nel contesto ambientale sia nei personaggi che presenta con i propri nomi. È racconto autobiografico. Questo libro è toccante perché scritto con le corde più intime del sentimento per cui lascia nel lettore una patina di tristezza che però, fortunatamente, alla conclusione del libro viene dissipata. Il personaggio più importante di questo libro, quindi, è la stessa autrice che crea e domina tutta la vicenda ambientata in Sicilia il cui tessuto offre una vasta materia di riflessione su temi di interesse collettivo. Considerati gli elementi interni al testo, si può ben dire quindi che Vera esce dalla gabbia dell'io per immedesimarsi in una problematica della storia che tocca un'intera categoria, quella delle donne in questo caso rappresentate da lei stessa. Vengono affrontati problemi quotidiani, soprattutto quello dell'educazione dei figli che sollecita il desiderio di intervenire non solo con discorsi etici, ma interventi di tipo culturale per impegnare in modo sano i nostri giovani. È tuttavia la speranza a superare il pessimismo di questo libro e la si ravvisa nell'amore per la natura, per gli animali, per il prossimo, per le persone deboli ed è questo il dato che permette di non fa rientrare Vera nella categoria del pessimismo letterario del Novecento cioè quello stato d'animo e quella concezione della vita espressa nelle opere in prosa e in poesia da tutti quegli scrittori che, pur senza un sistematico impianto filosofico, dichiarano la loro sfiducia nella compatibilità fra esistenza e felicità, che sentono l'ostilità della natura nei confronti dell'uomo, che avvertono la vita come un percorso doloroso da compiere.
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