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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2012
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Il romanzo di Lunetta sembra scritto per l'intellighenzia comunista: molti funzionari del partito, degli intellettuali che fanno quadrato intorno al PCI potrebbero riconoscersi nel protagonista, nelle sue nevrosi, nelle sue manie di persecuzione. Questo Omar Nepero (forse giornalista, forse critico, certo un raffinato della cultura, un ghiottone di citazioni) si sente costantemente preso di mira da cecchini invisibili ma attivissimi, che alla fine riusciranno a farlo fuori (che liberazione allora! ma la morte come pace risolutiva è un rimedio vecchio...), e da una polizia segreta che lo pedina, lo tormenta, addirittura lo tortura. Un clima asfissiante (reso formalmente in maniera sapientissima, con continui sbalzi di registro narrativo: una nevrosi della scrittura) che si ritrova in qualsiasi parte dell'Europa il protagonista venga catapultato. Varsavia come Atene, due facce di due diverse dittature. Roma è la città-sfondo, sembra impazzire di violenza e di ambiguità: il partito nella sua solennità di Via Botteghe Oscure non protegge più, è anzi chiuso; i compagni sono intrepidi salottieri piuttosto ottusi. Ciò che è pubblico (bollettini radiofonici, titoli di giornali o semplici elementi di vita quotidiana) si sovrappone al privato reso ormai una farsa, una larva di vita: lo amplifica in visioni mostruose, terrificanti; il soggetto si sdoppia e si annulla, a un certo punto è lo scrittore stesso a parlare in prima persona. Il libro è scritto bene: pesa forse un certo sfoggio di intelligenza, di bravura tecnica, e alla fine ci si chiede perché mai questo intellettuale di successo (Nepero-Lunetta) scappi continuamente, da chi si senta così perseguitato. Non ci si crede, insomma, alla sua opposizione, alla sua scomodità, perché parla lo stesso linguaggio di chi perseguita.
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