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recensione di Schiavoni, G., L'Indice 1987, n. 7
Questa volta Gunter Grass ha dato fiato alle trombe del Giudizio. E ha fatto sul serio, senza risparmi, portando alla bancarotta totale quella specie in via d'estinzione che è la nostra, la quale, per trovandosi già a vivere la catastrofe incombente, si comporta come se essa non fosse parte integrante del proprio orizzonte. Per un'impresa così impegnativa, la fantasia di Grass ha naturalmente chiamato in soccorso la sua sperimentata vena "favolistica" e le sue risorse barocche. Stavolta l'animale parlante non è più lo stupendo rombo chiodato, pescato nelle materne acque del Baltico (nel frattempo divenute assai più infestate dalle meduse e inquinate dal petrolio) come avveniva nell'omonimo romanzo del 1977.
Cavaliere e insieme superstite dell'Apocalisse già compiuta (ovviamente per disastro termonucleare) è, in quest'ultimo romanzo di strabiliante inventiva, l'aborrito abitatore delle fogne, del sottosuolo e dei rifiuti al quale persino il biblico Noè non si sentì di far posto sull'Arce che offrì scampo al Diluvio universale. Ma i topi (forse anche in ossequio all'estetica grassiana del sordido e del repellente) erano amati da Dio, tant'è che sono riusciti a scampare, mentre gli uomini non ce l'hanno fatta. E ora un debole "io narrante" finito-nel Day after- Dio sa come in una capsula spaziale "in sempiterno girotondo" intorno alla terra, stenta a credere ai propri occhi e ai propri orecchi allorché la Ratta sua interlocutrice, una tagliente Cassandra che domina ossessivamente i suoi sogni e campeggia sul monitor, gli narra in toni di spietata requisitoria gli "ultimi giorni dell'umanità". La dimensione della storia, dalla quale i protagonisti grassiani si esiliano continuamente, può reggere soltanto in questa finzione-dissolvenza del flashback (in cui per l'io narrante può vigere l'illusione di stornare la risoluzione negativa); può essere forse tollerabile solo nel gesto del "congedo" "ho sognato di dover prendere congedo/da tutte le cose che mi hanno circondato ...") e nella latitanza dell'essere umano. E vengono in primo piano i guasti dell'inquinamento, le foreste agonizzanti, la minaccia atomica, la ricerca scientifica fine a se stessa, i problemi razziali...
Per il lettore che conosca il Grass dei tonanti appelli alla disobbedienza civile contro la bomba non è facile, certamente, riscoprire in questo impervio romanzo della "fine" -oltre all'Apocalisse -anche la ricerca di una speranza divenuta sempre più flebile. Anche perché la replica finale della Ratta a chi suppone protraibile un'esistenza umana "in solidarietà e con intenzioni pacifiche" suona: "Un bel sogno!"
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