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Recensioni Randagi

Randagi di Resoketswe Manenzhe
Recensioni: 4/5
C’è un giorno preciso in cui la vita di un uomo precipita nel caos. Abram van Zijl produce vino a Città del Capo e può essere indifferentemente inglese o olandese perché gli è facile appartenere al mondo. Ma il 29 marzo del 1927, quando in Sudafrica viene approvata la legge sull’immoralità che vieta i rapporti carnali illeciti tra europei e indigeni, il mondo che sentiva suo comincia a sgretolarsi. E dire che, all’inizio, aveva creduto che una cosa così astratta non potesse davvero scuotere una famiglia, non la sua perlomeno. Anzi, mentre stringeva Alisa, sua moglie, giurando di proteggere lei e le bambine, si era illuso che quello fosse per loro un nuovo inizio. Per Alisa le cose non stanno così. Tutto ha cominciato ad andare storto da molto prima, forse da quando può ricordare, lei nata da schiavi nei Caraibi, adottata da un inglese, cresciuta nel Regno Unito e diventata cittadina del mondo per il suo tanto viaggiare. Ma nemmeno l’Africa, dove alla fine l’ha condotta la sua inquietudine, nemmeno l’amore di Abram, che le ha generato due figlie, sono riusciti a farle trovare il suo posto. Lei, a differenza di suo marito, non appartiene a nulla se non alla sua malinconia. Quando il caos comincia, tutto rotola via come portato dal vento. E travolge anche Dido, la figlia maggiore, bruna di pelle e castana di occhi come sua madre, ma in tutto e per tutto simile a suo padre. È nata e cresciuta in Africa, correndo tra i filari delle viti nella tenuta di famiglia, e tutt’a un tratto l’Africa, per qualche oscura ragione, le toglie quanto le ha dato e non la vuole più. Le voci dei Randagi di Rešoketšwe Manenzhe si intrecciano al suono delle leggende e dei miti africani: Abram, Dido e Alisa aggiungono un capitolo all’eterna saga di chi parte, di chi resta, di chi si perde andando, restituendoci un’intensa testimonianza del potere delle storie, l’unico bagaglio che possiamo sempre portare con noi. )
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