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Mi è piaciuto. Mi ha dato la possibilità di conoscere pagine di storia che non conoscevo del tutto o molto poco (i Romii, la Guerra Greco-turca): 1,2 milioni di profughi! La marce della morte. Famiglie uccise come a Marzabotto e corpi buttati in mare come in Argentina. Tre cose mi hanno colpito nella storia. La prima riguarda il culto dei morti alla vigilia dell'Epifania, con la declamazione dei nomi e il ricordo dei "dimenticati". La seconda è il sacro dovere dell'ospitalità. La terza sono i criptocristiani, come Suleyman/Parthenios: imam e preti ortodossi al tempo stesso.
Un libro molto particolare, molto bello, che ho letto tutto di un fiato. Il tema è quello dei greci insediati da millenni nella regione del Ponto, sulle rive del Mar Nero appunto, che cent’anni fa furono vittime di una delle prime epurazioni etniche – sfociata poi in un vero e proprio genocidio – del XX secolo. Mentre il crudele destino per molti versi simili degli armeni ormai è tristemente noto e da sempre soggetto sia di saggi che di libri di fiction (si pensi al famosissimo Quaranta giorni del Mussa Dagh di Werfel del 1933, ma anche ad opere più recenti), quello dei greci è sconosciuto ai più. L’autrice di questo libro, Maria Tatsos, ha scoperto pochi anni fa di discendere da una famiglia di quei greci del Ponto che sopravvissero alla persecuzione e che dopo molte peripezie giunsero in Grecia, dove si ricostruirono una nuova vita partendo letteralmente da zero. Nel libro questa singolare vicenda personale è incentrata sulla figura di Eratò, nonna paterna della scrittrice, e ci viene presentata alternando brani “romanzati” ad altri di storia “vera”, in modo istruttivo e piacevole insieme (se si può dire piacevole in merito a una tematica del genere; d’altronde il tono non è mai lagnoso, anzi). Risulta chiaramente che per la preparazione di questo volume sono state fatte delle ricerche approfondite: Maria Tatsos, avvantaggiata in questo dai legami familiari e dalla padronanza della lingua greca, ci rende partecipi anche dell’esplorazione di fonti finora poco consultate, e fornisce addirittura una bibliografia per chi voglia saperne di più. In effetti, il libro stimola inevitabilmente l’interesse nei confronti di questo argomento rimasto nel dimenticatoio dell’opinione pubblica. Ed essendo scritto così bene, fa venire la curiosità per quanto riguarda il seguito della trama raccontata: il libro si chiude infatti con l’arrivo in Grecia della protagonista, detta nonna Eratò. Mi auguro un bis!
Sì, lo ammetto, non conoscevo la storia dei greci del Ponto, ma purtroppo siamo cresciuti e abbiamo imparato nelle scuole di Stato che il pericolo per la democrazia italiana è ancora oggi il fascismo. Sono passati 70 anni dalla fine dello stesso ma a questo Stato conviene sbandierare sempre lo stesso pericolo; nelle scuole non si insegna altro, vi sono associazioni che lucrano su questo, manifestazioni e cortei che fanno solo perdere tempo a chi lavora. Fino ad ora però nessuno ci ha insegnato che la vera minaccia per le nostre istituzioni e le nostre vite è da sempre il pericolo islamico che nei secoli si è manifestato in varie forme e aspetti; si dovrebbe spiegare nelle scuole cosa sono stati gli arruolamenti forzati dei giannizzeri, il perchè delle molteplici"torri di avvistamento" sulle nostre coste, si dovrebbero leggere alcuni passi del Korano per capire la vera natura dell' Islam. Conoscevo solo il genocidio degli Armeni, nessuno mi aveva mai parlato di quello delle popolazioni greche del Ponto, e quindi un sentito grazie a Maria Tatsos che ha avuto il coraggio di scrivere di questo raccontando la storia della sua famiglia; sì, proprio coraggio in questi anni in cui si tenta di sminuire la pericolosità islamica per attuare una politica di accoglimento indiscriminato, che i nostri figli e nipoti malediranno.
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