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Il catalogo della mostra di Urbino, che apre le celebrazioni del divino pittore: Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 - Roma, 1520), la tradizione suole suddividere in tre distinte porzioni la sua breve, folgorante, densa e irripetibile carriera: a una prima fase giovanile, che si dipana tra la natia Urbino e l’attività in Umbria a Città di Castello e Perugia, si fanno seguire i quattro intensi anni fiorentini (dal 1504 al 1508), per terminare con gli undici trascorsi nella Roma pontificia. I saggi raccaontano e illustrano come Raffaello seguitava a nutrirsi di tutto ciò che vedeva, la sua arte ne usciva vieppiù aggraziata, sbalorditiva. Raffaello ha destato l’interesse di stuoli d’altri artisti, molti dei quali anche più maturi di lui. E talvolta accadeva che mentre guardava era a sua volta guardato. Questi complicati intrecci sono alla base della mostra Raffaello e gli amici di Urbino (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche, fino al 19 gennaio 2020), curata da Barbara Agosti e Silvia Ginzburg, e che corre su di un filo doppio: uno, quello più breve, presenta l’attività giovanile di Raffaello, mentre l’altro è teso a indagare i tragitti di due artisti urbinati, Timoteo Viti (Urbino, 1469 - 1523) e Girolamo Genga (Urbino, 1476 - 1551), entrambi di qualche anno più anziani di Raffaello ma al lavoro negli stessi anni e spesso negli stessi luoghi. Ne sortisce una mostra che non è né una monografica su Raffaello, né sui due illustri concittadini: è semmai un complesso e buon focus sui loro rapporti.
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