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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
"Benjamin era l'interlocutore di tutti i demoni e gli angeli della narrazione" - John Berger
Sono racconti metafisici, di mare, di gioco, storie di flâneur cittadini che discutono del senso antropologico del carnevale... Anche come scrittore Benjamin è eclettico: alterna generi diversi, adotta finali sospesi o a sorpresa. Il suo è un mondo narrativo vario ma sempre affascinante. Come le descrizioni dei suoi sogni, un genere letterario ancora piú particolare, a cui abbiamo dedicato la sezione finale del volume. Il lettore degli scritti benjaminiani raccolti in Infanzia berlinese e in Immagini di città troverà nei racconti qui uniti alcune corrispondenze: di strade, di giardini, di interni domestici, di hotel, di vedute e affacci su paesaggi, talvolta anche di città, Marsiglia e Berlino tra queste. Analoga è l'attenzione minuziosa rivolta a suppellettili, oggetti, mobili, giocattoli, osservati come figure prossime ad animarsi e prendere il campo che è dei viventi. Analoga anche la disposizione a sentire la parola come un suono che genera una rifrangenza di immagini, dischiudendo ricordi e nei ricordi figure, oppure come uno scrigno che all'occorrenza rivela, se sollecitato, il suo segreto, cioè il ventaglio di sensi nascosti e di sovrasensi inattesi. Eppure, nel confronto tra quegli scritti e questi racconti, molti dei quali coevi per composizione, il lettore sentirà che la cura del narratore ha qui una diversa tensione, e anche un ritmo diverso. È il fantastico lo spazio scenico di fondo, anche laddove l'andamento del dire prende la forma del diario, o della cronaca quotidiana. Inoltre gli accorgimenti o le tecniche che caratterizzano un racconto breve – l'eccezionalità della situazione, la tensione, la sorpresa di uno scioglimento inatteso – hanno in questi racconti una loro singolare presenza. dalla prefazione di Antonio Prete
Indice
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Mi aspettavo molto di più da questa raccolta, vista la grande qualità di un saggista come Benjamin, qualitativamente molto discontinua, molte storie brevi appaiono prive di mordente, un po' fiacche, tranne qualche racconto sparso più intrigante e misterioso come Tracciato sulla mobile polvere, con il suo bizzarro scalpellino, Myslowitz-Marsiglia, e il suo mangiatore di hashish, Dialogo sulla sfilata dei carri, con i suoi simbolismi carnevaleschi e pagani. I racconti giovanili, invece decisamente acerbi e forse troppo legati alla figura del maestro E.T.A. Hoffman, l'ultima sezione, quella dedicata ai sogni dell'autore, è a mio avviso quella più interessante e ovviamente visionaria, interessanti i brevi Autoritratti in sogno, In stazione e Appunti di diario.
Brevi storie di viaggio o di atmosfera onirica che sanno molto di kafkiano. Preferisco il Benjamin saggista.
Recensioni
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Walter Benjamin, il narratore
di Massimiliano Manganelli
Alla lunga e assai travagliata vicenda editoriale attraversata in Italia dalle opere di Walter Benjamin – prima o poi bisognerà scriverla dall’inizio, da quel decisivo 1962 in cui uscì, a cura di Renato Solmi, l’ancor più decisivo Angelus Novus – si aggiungono adesso ben due capitoli, tra loro strettamente intrecciati per questioni editoriali, biografiche e letterarie. Il primo si intitola molto semplicemente Racconti, lo pubblica Einaudi e a introdurlo è Antonio Prete, il secondo è invece curato dalle due figure storiche della filologia benjaminiana, Hermann Schweppenhäuser e Rolf Tiedemann, ed è edito da Neri Pozza nella stessa collana, «La quarta prosa», in cui uscì nel 2012 il celebre libro su Baudelaire nella ricostruzione datane da Giorgio Agamben (che della collana è anche direttore, peraltro). Il titolo è di nuovo piuttosto asciutto, Scritti autobiografici; in questa prevalenza di titoli tutt’altro che fantasiosi, di natura puramente editoriale, c’è, nella sostanza, buona parte della storia di Benjamin, autore di un’opera vastissima che nondimeno ha conosciuto l’approdo alla pubblicazione in massima parte soltanto dopo la sua morte.
I due testi hanno una composizione nettamente diversa. I Racconti, come spiega Prete nella nota editoriale, altro non sono se non un’antologia realizzata a partire dai vari volumi dell’edizione italiana delle opere di Benjamin curata per Einaudi da Enrico Ganni. Si tratta in sostanza di un “montaggio” – chissà se allo scrittore berlinese sarebbe piaciuta un’operazione del genere – che, a differenza delle precedenti edizioni francese e inglese dei racconti non include, ed è un’omissione pesante, quel testo fondamentale che è Il narratore. Considerazioni sull’opera di Nikolaj Leskov, il quale in una certa misura contribuirebbe a comprendere meglio gli scritti narrativi di Benjamin, facendosene a sua volta illuminare. Gli Scritti autobiografici ripropongono invece, nella nuova traduzione di Carlo Salzani, la parte del volume VI delle Gesammelte Schriften intitolata appunto Autobiographische Schriften. Dunque, da un lato un’operazione tutta interna al catalogo Einaudi, dall’altro una proposta abbastanza inedita: resta il fatto che i due volumi spesso si sovrappongono, perché alcuni racconti del primo sono tratti da scritti autobiografici – per esempio Spagna 1932, che attesta quanto fu fecondo, per Benjamin, il soggiorno spagnolo dei primi anni Trenta – e non sono pensati come opere a sé stanti. Naturalmente, nel volume Neri Pozza tra i molti diari e appunti di viaggio spicca, e non potrebbe essere altrimenti, quell’Infanzia berlinese intorno al millenovecento già nota da tempo ai lettori italiani (sempre grazie a Einaudi), uno dei vertici della scrittura memorialistica del Novecento. Vi è premesso l’Urtext, la Cronaca berlinese che ne costituisce il serbatoio, dal quale, come chiarì Gershom Scholem, Benjamin attinse soltanto due quinti, per restituirli in «una forma profondamente trasformata e rielaborata». Altro capitolo importante degli scritti autobiografici è il Diario moscovita, anch’esso già edito da Einaudi, nel quale, secondo le parole dello scrittore, convergono le sue «descrizioni “ottiche”» della nuova realtà sovietica. Il viaggio a Mosca è strettamente connesso alla figura di Asja Lacis, quasi a inverare un’osservazione contenuta in uno dei racconti della raccolta Einaudi: «ogni avventura di viaggio, perché si possa davvero raccontare, dovrebbe, in ultima analisi, ruotare intorno a una donna».
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