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«È ora di tirare fuori dal museo delle cere gli scrittori che hanno raccontato l'epopea nazionale. Ne ha da guadagnare non solo la letteratura, ma la conoscenza di una stagione decisiva della nostra storia.»
Come hanno raccontato il Risorgimento gli scrittori italiani? Per rispondere a questa domanda ci si rivolge di solito a un pugno di romanzi celebri o alle poesie patriottiche di Carducci, Pascoli e D'Annunzio. L'antologia approntata da Gabriele Pedullà rivela invece decine di testi brevi, quasi sempre ignoti o poco noti, nei quali i massimi narratori del secondo Ottocento e del primo Novecento – da Collodia De Amicis, da Nievo a Pirandello, da Verga a Gozzano – fanno i conti con la grande epica dell'Italia moderna e con le sue delusioni. A colpire è soprattutto la varietà dei registri adoperati per restituire le passioni, le ansie e i sogni dei giovani di allora: talvolta ci si commuove, secondo le regole del melodramma, ma più spesso ancora si ride o si sorride; i principali eventi militarie civili della stagione appena conclusa sono celebrati in tutta la loro nobiltà, ma non mancano le deliberate stonature, quando i narratori sottolineano, invece, ciò che nel processo di costruzione nazionale non è andato come ci si attendeva. Prende così vita sotto gli occhi del lettore un libro sorprendente: per interpretare il Risorgimento (e la migliore letteratura dell'Ottocento) in chiave inedita, e liberarlo così dalla prigione di marmo in cui, ancora oggi, rischiano di rimanere intrappolatigli uomini che hanno fatto l'Italia.
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