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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2015
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Questo terzo romanzo di Tomizza è ambientato in Istria e si svolge nel corso della seconda guerra mondiale, all'incirca dai giorni immediatamente antecedenti l'8 settembre 1943 fino alla fuga dei tedeschi, incalzati dall'avanzata degli alleati e dei partigiani titini. E' un periodo insolito, perché agli inizi la guerra è ancora lontana, per poi apparire improvvisamente e sconvolgere un microcosmo di gente che ha sempre vissuto in un'immobilità temporale, proprio della civiltà contadina, pur nell'avvicendarsi di dominatori. E per quanto le etnie siano così diverse, resistono in un equilibrio, per quanto fragile, ma cementato dal comune destino, dal ricorso a un plurilinguismo, da un reciproco rispetto di cui si perderà la memoria con l'avvento del regime del maresciallo Tito. Di quest'uomo nel libro si accenna appena, è presente, ma è pur lontano, una novità di cui si avvertono forse i pericoli, ma che in quel periodo è solo una lontana eco, perché ciò che veramente preoccupa è l'occupazione tedesca e con essa il volto tragico e disumano di un conflitto bellico di cui in precedenza c'era stato solo un vago sentore e magari qualche segno doloroso, come il ritorno di un reduce privo di entrambe le gambe. In questo contesto i ragazzini giocano alla guerra, quasi temono di non prendervi parte, tanto è lontano il rombo dei cannoni, ma poi l'orrore arriverà a toccare anche quei luoghi, romperà fili intessuti da uomini che avevano trovato nella loro diversità un motivo per convivere in pace. E dopo non sarà tutto più come prima, si spezzerà un incantesimo e la protervia e la ferocia dell'occupante tedesco martorierà quelle genti, troncherà quell'immobilità sopravvissuta ad altre guerre, invariata nei secoli, determinando gli inizi della fine della loro civiltà contadina. La lettura è indubbiamente raccomandata.
Recensioni
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