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La questione indiana nel pensiero politico di Edmund Burke - Donatella Buonfiglio - copertina
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La questione indiana nel pensiero politico di Edmund Burke
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La questione indiana nel pensiero politico di Edmund Burke - Donatella Buonfiglio - copertina

Descrizione


La "questione indiana" occupò Edmund Burke per ventisette anni, dal 1767 fino al suo ritiro dal Parlamento nel 1794, ma lo impegnò in modo più intenso soprattutto negli ultimi quattordici anni della sua carriera politica. Quando nel 1772 Warren Hastings divenne Governatore del Bengala, l'attenzione della politica inglese era focalizzata principalmente sulle vicende delle colonie americane e il gruppo dei Whig di Rockingham - di cui Burke faceva parte - era sostenitore di una linea di non interferenza con gli affari della Compagnia delle Indie Orientali. Tuttavia, la serietà con cui Burke si dedicò ad approfondire la questione indiana, in qualità di membro della Commissione parlamentare istituita per elaborare delle relazioni dettagliate sull'esercizio del potere britannico in India, lo portarono ad acquisire sempre più consapevolezza dei gravi abusi commessi dalla Compagnia, pervenendo così alla conclusione che fossero urgenti e non più rinviabili delle riforme parlamentari volte a ristabilire il controllo del governo inglese sul territorio indiano. Partendo dall'esame degli scritti e dei discorsi burkeani elaborati tra il 1774 e il 1794, il presente studio intende mettere in risalto la rilevanza dei temi politici in essi contenuti, sottolineando come la questione indiana si inserisca in una linea di continuità col resto della sua vastissima produzione.
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Dettagli

2008
7 novembre 2008
208 p., Brossura
9788856802504

Voce della critica

Il pensiero di Burke è stato rubricato come pienamente liberale o come intrinsecamente conservatore. Per evitare queste oscillazioni e per cogliere il senso dei suoi scritti è indispensabile attenersi a un duplice accorgimento euristico. In primo luogo bisogna contestualizzarne le prese di posizione riportandole sempre alle coeve vicende dell'Inghilterra di fine Settecento. Contemporaneamente, però, occorre tener presente che la sua riflessione non è totalmente funzionale alle mutevoli condizioni della lotta politica, ma si muove all'interno di un orizzonte intellettuale circoscritto dalla dottrina della Ancient Constitution, depositario storico della tradizione britannica e naturale garanzia di equilibrio pratico. Queste considerazioni vengono in mente leggendo il libro di Donatella Buonfiglio: una ricerca che affronta un aspetto particolare dell'attività di Burke, ma lo fa senza mai perdere di vista le coordinate generali che innervano e sostengono le sue prese di posizione contingenti. Il predominio britannico in India sorge in modo improvviso, tant'è che una compagnia commerciale si trova a gestire compiti politico-amministrativi. Nelle pieghe di questa espansione disordinata c'erano ampi margini per irregolarità e soprusi. Successivamente si passa a una fase di riorganizzazione. In questo percorso di razionalizzazione del potere un ruolo non trascurabile è svolto da Burke, che nel 1786 iniziò una procedura di impeachment contro Warren Hastings, primo governatore generale britannico in India. Se Burke attinse ampiamente alle accuse di Philip Francis, strenuo oppositore di Hastings nel consiglio del Bengala, egli non fu passivo strumento del risentimento di Francis, ma utilizzò le sue informazioni per porre un problema essenziale, l'affermazione del rule of law come regola di gestione anche dei domini coloniali.
Maurizio Griffo

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