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Quei versi che restano sempre in noi. Lettere 1955-1982 - Giovanni Giudici,Vittorio Sereni - copertina
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Descrizione


Lo scambio epistolare tra Vittorio Sereni e Giovanni Giudici, pubblicato interamente per la prima volta, rivela non soltanto il dialogo vivace tra due dei più grandi poeti italiani del secondo '900, ma soprattutto il loro appassionato interrogarsi intorno al compito della poesia in un rinnovato contesto storico e politico. Scritte a partire dal dopoguerra fino alla morte di Sereni, queste lettere raccolgono riflessioni critiche dai toni sinceri, talvolta accesi, che variano dal giudizio sulle ultime composizioni all'opportunità delle scelte editoriali, dalla responsabilità degli intellettuali al ruolo della produzione letteraria in Italia. Poeti e uomini impegnati nella costante ricerca di un'identità del verso non estranea agli inevitabili cambiamenti della società e delle sue contraddizioni, eppure ancora, pur nella diversità delle cifre stilistiche, profondamente interessati al terreno autentico su cui la poesia trova la sua ragion d'essere: un'interiorità tanto individuale quanto universalmente comprensibile. Tratto singolare, svelato da queste pagine, è l'amicizia tra due autori che oltre a inviarsi le rispettive raccolte poetiche, si scambiano semplici consigli per trovarsi insieme al mare durante le vacanze, testimonianza preziosa di un rapporto umano che ospita una pluralità di temi e confronti dall'indiscusso interesse culturale.
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Dettagli

2021
25 maggio 2021
160 p., Brossura
9788877687579

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alida airaghi
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Un'amicizia poetica

La prima tra le 48 lettere raccolte nell’epistolario era stata scritta da Sereni a Giudici nella primavera del 1955. L’ultima il 20 aprile 1982. Un carteggio durato quasi trent’anni, a cementare un’amicizia partita in sordina e in maniera piuttosto convenzionale, e via via diventata sempre più solida. La curatrice del volume, Laura Massari, nella prefazione definisce in questo modo il sodalizio tra gli autori: “due poeti così diversi, che si trovano a vivere a Milano al principio degli anni Sessanta: sfuggente nella sua elegante e malinconica profondità l’uno, timido ma presente nella sua irruenza impegnata con la storia e con la vita, l’altro”. Sereni e Giudici avevano inaugurato la corrispondenza in virtù di uno scambio di pareri sulle rispettive produzioni edite e inedite, offrendosi reciproche occasioni di commenti critici, recensioni e traduzioni, e manifestando sempre vicendevole stima e rispetto, pur nella diversa valutazione di cosa significasse scrivere in versi. Il più dibattuto tra gli argomenti affrontati dai due intellettuali era appunto il ruolo rivestito dalla poesia nella cultura e nel mercato librario, la sua origine e destinazione, la sua funzione e responsabilità sociale e politica. Più scettico Sereni riguardo a una finalità concreta e misurabile della parola poetica, più entusiasticamente convinto di un suo compito etico Giudici. L’irrinunciabile sguardo che Giovanni Giudici volgeva, con ironia e autoironia, al reale, alla cronaca, alle motivazioni psicologiche del proprio agire, trovava nella disincantata amarezza, nella perplessa esitazione di Vittorio Sereni uno stimolante motivo di riflessione, che rinsaldava in entrambi la fiducia nella natura essenzialmente comunicativa della poesia, contro il contingente prevalere della neoavanguardia letteraria, concentrata su un estremizzato sperimentalismo linguistico.

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Giovanni Giudici

(Portovenere, La Spezia, 1924 - La Spezia 2011) poeta italiano. Ha esordito nel 1953 con Fiorì d’improvviso, cui è seguito L’educazione cattolica (1963). Estraneo alla poetica ermetica, fin dalle prime opere si è riallacciato alla tradizione crepuscolare e, in parte, alla linea dei poeti liguri, con particolare riferimento a Montale. Dopo le raccolte d’esordio, la sua stagione matura si è aperta con La vita in versi (1965), che contiene le poesie scritte negli anni 1957-65, e Autobiologia (1969, premio Viareggio), nelle quali l’io cantato si fa sociale, protagonista di una biografia autoironica, raccontata con tono volutamente medio, senza eccessi né accelerazioni, giocato tra un ritmo narrativo quasi prosaico e improvvisi spunti lirici....

Vittorio Sereni

1913, Luino

Poeta, scrittore e traduttore italiano. Trascorse la giovinezza nella sua città natale, per trasferirsi all'età di dodici anni a Brescia. Gli anni trascorsi a Luino furono decisivi e lasciarono un'importante impronta nella sua produzione successiva.Compì gli studi a Milano dove conobbe giovani che avevano i suoi stessi interessi letterari: erano Anceschi, Vigorelli, Sinisgalli, Gatto e Quasimodo. Nel 1937 due sue poesie comparvero sulla rivista «Frontespizio». Si legò poi al gruppo di giovani filosofi che facevano capo ad Antonio Banfi e agli artisti di 'Corrente'. Aveva appena iniziato la carriera di insegnante, quando venne richiamato alle armi. Fatto prigioniero dagli alleati in Sicilia nel '43, venne deportato in Algeria e Marocco. A queste esperienze...

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