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Sono passati parecchi anni dalla lettura del dittico di quaderni dedicati a Ucraina e Russia, cui ha fatto seguito l’ottimo trittico giapponese, giocato su toni meno drammatici e in larga parte autobiografici. Con questo volume si torna ad una sorta di reportage giornalistico che nasce dall’urgenza della cronaca, quasi un instant book. Pur in presenza di un’utile cornice storica (dall’invasione della Crimea alla guerra invisibile del Donbass, in corso dal 2014), il lavoro si configura come un collage di racconti ricavati dai colloqui con amici e conoscenti che in Ucraina si sono trovati a vivere sulla loro pelle il drammatico scenario di guerra di questi mesi. Il conflitto ricalca strategie novecentesche, punta a colpire i civili riducendoli alla fame e creando un clima di precarietà e terrore. A essere potenziata è la macchina della disinformazione, con la negazione spudorata di eventi e responsabilità. Le ambiguità presenti anche sul fronte ucraino non sono taciute, ma il peggio arriva da Bucha, da un livello di efferatezza di fronte al quale la rappresentazione grafica si ritrae. In una fase in cui già le notizie sulla guerra scivolano in secondo piano, tra assuefazione e saturazione, questo quaderno resta un valido antidoto all’oblio, una combinazione di parole e tavole che arriva in modo efficace. ‘Una guerra è sempre e solo una sporca guerra. Non c’è epica, non c’è gloria, solo miseria’
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