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Libro davvero interessante, purtroppo l'edizione è piena zeppa di errori grammaticali e non: spesso i nomi dei personaggi vengono confusi uno con l'altro, rendendo la lettura faticosa e spiacevole. Trovo inammissibile come una casa editrice possa mandare alle stampe un libro senza prestare attenzione a questi aspetti. Per il lettore si tratta, a tutti gli effetti, di una presa in giro!!!
Recensioni
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Nel novembre 2012 la NKNA, agenzia stampa della Corea del Nord, diffonde la seguente notizia: nella capitale Pyongyang sarebbe stata rinvenuta la tomba dell’unicorno, creatura di fiaba che oggi sta conoscendo nuova popolarità nel mondo della cultura pop e digitale. Per i giovani occidentali è solo uno dei tanti «fun fact» sul conto del regime, ma per il regime è invece la prova che Pyongyang, e non Seul, è la vera capitale dell’antica Corea. Del resto nelle scuole elementari di Pyongyang si racconta un’altra storia ancora: Kim Jong-Il (padre dell’attuale dittatore Kim Jong-Un) da bambino si arrampicava sulle chiome degli alberi e da lì afferrava l’arcobaleno. Ma questi sono giusto un paio di aneddoti tra i molti che corrono accanto alla narrazione principale di Una produzione Kim Jong-Il, impressionante libro di Paul Fischer (scrittore nato in Arabia Saudita e cresciuto in Francia) pubblicato un paio di anni fa senza ricevere, forse, l’attenzione che meritava.
La passione per il cinema del giovane Kim Jong-Il è la premessa della storia (vera) che Fischer ha ricostruito per oltre 300 pagine. Dato che in Corea del Nord non è consentita la circolazione di film stranieri, Kim ordina l’allestimento di laboratori per il contrabbando e la duplicazione pirata delle pellicole. Dove? All’interno delle ambasciate coreane sparse per il mondo. Le pizze gli vengono poi spedite in madrepatria, dove all’interno di un sontuoso cinema privato coltiva il suo amore per il film d’azione, l’horror, l’erotico, i film di gangster e di 007. Diventa in breve titolare di una delle cineteche più grandi del mondo (secondo un diplomatico russo la cineteca nel 2001 arriverà a contare 20.000 titoli) dove sono impiegate 250 persone fra «traduttori, sottotitolatori, tecnici del suono, stampatori e archivisti». Ama il cinema e ne comprende la forza di persuasione, tanto che, in un periodo in cui la Corea pratica il rapimento di cittadini stranieri Kim Jong-Il organizza il sequestro prima dell’attrice Choi Eun-hee, nel 1978, e poi del regista Shin Sang-ok. E qui inizia la vera storia del libro di Fischer. Choi e Shin prima di divorziare sono stati a lungo sposati. Lei è una celebrità del cinema sudcoreano, mentre lui è un regista -di origini nordcoreane ma attivo in Sud Corea- con una lunga e prestigiosa carriera alle spalle. Da qualche anno i due sono separati e Shin si è unito a una nuova compagna dalla quale ha avuto due figli. Un giorno Choi si trova a Honk Kong e lì viene rapita -da un commando di uomini travestiti con lunghe parrucche- caricata su un motoscafo e trasferita in Corea del Nord. Stessa sorte toccherà al suo ex marito, che mentre indaga sulla scomparsa di Choi viene a sua volta rapito, sempre a Honk Kong. Una volta in Corea, Shin tenterà più volte di fuggire, venendo perciò incarcerato per oltre due anni in condizioni spaventose, costretto nella «tortura della posizione» -16 ore al giorno seduto col busto eretto fissando le sbarre- mentre i ratti in gabinetto si cibano delle sue feci. L’ex moglie, invece, abiterà in una casetta immersa in un bosco, sorvegliata 24 ore su 24, nei pressi di altre case dove soggiornano altre donne rapite. Di tanto in tanto viene invitata a una festa organizzata nel palazzo di Kim Jong-Il. Qui si bevono cognac, champagne, soju (liquore di riso) e insieme a una ristretta cerchia di fedeli il dittatore s’intrattiene con le donne della «brigata della gioia», ragazze scelte tra le scuole del paese e avviate a corsi di galateo e di massaggio. Qualche tempo dopo Kim, sorta di Cupido nel corpo di un tiranno orientale, organizza e celebra il reincontro tra i due ex sposi. Dieci giorni dopo l’uscita dalla prigione, Shin è accompagnato da una Mercedes nera a palazzo. Di fronte alla corte che lo applaude e a Kim Jong-Il, viene esortato da quest’ultimo a salutare la sua ex moglie: «Coraggio, abbracciatevi! Non state lì impalati!». In fondo era cinque anni che non si vedevano. In seguito diventeranno registi a servizio del regime, fino alla fuga escogitata durante una trasferta di lavoro a Vienna. Spy story, situazione kafkiana e letteratura concentrazionaria s’intrecciano pagina dopo pagina. Una vicenda (anche coniugale) tragica, folle, nata in seno agli estremi confini geopolitici della guerra fredda e dell’esperienza storica del socialismo reale.
Recensione di Ivan Carrozzi
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