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Il volume raccoglie, in edizione critica, il testo della lunga relazione che Ludwig Binswanger tenne a Zurigo, nel novembre 1932, in occasione dell’annuale assemblea della Società Svizzera di Psichiatria. Con originalità e finezza argomentativa, Binswanger si confronta qui con il problema dello spazio (e della spazialità in generale) secondo differenti prospettive. A partire da una sua caratterizzazione in senso naturalistico-scientifico come spazio orientato o spazio omogeneo fisico-geometrico, esso viene inquadrato alla luce della sua rilevanza clinico-neurofisiologica (in relazione ai disturbi della percezione spaziale in soggetti cerebrolesi) e soprattutto clinico-psicopatologica. Proprio in questo contesto, anche grazie alle suggestioni che gli arrivano dalle opere di filosofi e letterati come Goethe, Hölderlin, Novalis, Keller, Klages e Scheler (solo per citarne alcuni), ma anche dai pionieristici lavori di Eugène Minkowski ed Erwin Straus sullo spazio vissuto e sul movimento presenziale, Binswanger giunge a tematizzare, come una vera e propria categoria esistenziale, il concetto di spazio timico, inteso come uno spazio vissuto non omogeneo ma carico di qualità espressivo-situazionali e dotato di una sua specifica tonalità affettiva, le cui modificazioni patologiche sarebbero alla base dei deliri e delle manifestazioni psicotiche. L’ampio saggio introduttivo, il ricco apparato di note storico-critiche e il breve glossario proposti dal curatore permetteranno anche al lettore meno esperto di confrontarsi con un universo teorico profondamente attuale non solo a livello clinico-psicopatologico, ma anche filosofico-scientifico.
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