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Paolo Febbraro, che è poeta e critico letterario di vaglia, dedica una bella monografia alla poesia di Primo Levi, affrontandone un aspetto dell'attività in genere meno noto. Nel piacere della lettura, fra le osservazioni critiche che prendono per la loro argomentazione, vale la pena segnalare l'attenzione rivolta da Febbraro alla tenace ricerca della chiarezza da parte di Levi, l'individuazione dei rapporti fra poesia e produzione narrativa maggiore; la ricchezza dei toni - umorismo, rabbia, vergogna della sopravvivenza giudicata immeritevole -, le caratteristiche formali rilevanti e i riferimenti culturali che hanno alimentato il tessuto e le premesse dell'opera in versi di Levi.
Il critico letterario e poeta Paolo Febbraro dedica questo approfondito a appassionato saggio a Primo Levi, e in particolare alla sua produzione in versi, limitata a un unico volume di 93 liriche, composte tra il 1943 e il suo suicidio avvenuto nel 1987 (e pubblicate in "Ad ora incerta" nel 1998 da Garzanti). Con la poesia Primo Levi ha avuto un rapporto "non sistematico e tutt'altro che pacifico", ma sempre improntato a un severa fedeltà verso la sua "speciale trasparenza e condensazione", che lo portava a diffidare - pur ammirandoli - di poeti oscuri come Pound, Trakl e Celan, convinto che " è poco redditizio, e poco utile, scrivere e non comunicare...l'importante per essere compreso da coloro a cui si dirige la pagina scritta è di essere chiari". Chiarezza come "radicale onestà" verso il pubblico dei lettori, ma addirittura come rigorosa promessa fatta a se stesso di una "solennità anche violenta, inaggirabile", che alcuni notissimi critici ( Cases, Fortini, Mengaldo) hanno bollato come "classica, marmorea... buona per le lapidi". Paolo Febbraro indaga con finezza il rapporto che i versi di Levi hanno avuto con la sua ben più ricca e apprezzata produzione narrativa, contrappuntandola quasi didascalicamente, fieri del proprio "tono biblico-dantesco", ma anche di tutte le ascendenze culturali che li hanno nutriti: dal Midrash ai racconti Yiddish, da Lucrezio a Leopardi, fino a Coleridge, Poe, Eliot. Una poesia pregna di storia, di amore per la scienza, di indignazione civile, di rabbioso dolore, di memoria lacerata e di un mai superato e angoscioso senso di colpa per essere riuscito a sopravvivere allo sterminio nazista. Con ferma delicatezza Febbraro esplora anche aspetti meno conosciuti della vita privata di Levi, sottolineando con forza la sua grandezza "inappariscente e sobria,...di candida spregiudicatezza, di non adulterato coraggio".
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