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Prima della malattia. Per un'etica della prevenzione - Paolo Vineis - copertina
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Descrizione


Come è stata scoperta la causa della pellagra? E' vero che molte malattie sono dovute ai geni e non all'ambiente? E' vero che la dieta mediterranea protegge dalle malattie cardiovascolari? Come facciamo a tradurre queste informazioni scientifiche in una sensata politica preventiva? Queste e altre domande vengono affrontate nel libro attraverso un costante confronto tra il piano delle prove scientifiche e quello delle applicazioni pratiche.
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Dettagli

1997
Libro universitario
168 p.
9788831767309

Voce della critica


recensione di Bignami, G., L'Indice 1998, n. 1

Colpevolizzazione e stigmatizzazione - per aver fatto una cosa che fa male (al corpo, all'anima o a entrambi), o per non aver fatto una cosa che fa bene - sono da sempre strumenti poderosi di controllo individuale e sociale, spesso come parte di un'unica strategia che si riserva di punire qualora non basti l'interiorizzazione del controllo. Esempio classico è il modo in cui è stato trattato per secoli il problema della masturbazione, finché l'evoluzione culturale non ha reso sempre più inutile, a fini di controllo, l'azione di medici e preti uniti nella lotta contro il Male fisico e morale.
In tempi più recenti si è anche evoluto un altro poderoso strumento al servizio degli interessi economici e politici, cioè l'"escalation* dell'onere di prova richiesto per consentire un intralcio alla "libertà" di produrre, promuovere, vendere e consumare beni e servizi. Basti pensare alla guerra pluridecennale condotta dalle multinazionali del tabacco contro le evidenze di nocività del fumo, finché la diversificazione delle attività produttive da un lato, l'apertura di floridi mercati nel terzo mondo dall'altro, non hanno aperto uno spiraglio a qualche parziale concessione.
Tra questi e altri Scilla e Cariddi ha dovuto navigare fin dalla sua infanzia la difficile scienza dell'epidemiologia dei fattori di rischio e della prevenzione. E ora le sue fatiche vengono chiaramente illustrate in questo "Prima della malattia", sempre con il sostegno di esempi (o, meglio, "case histories") particolarmente appropriati. Il valore aggiunto è assai consistente non solo per i non addetti ai lavori, troppo spesso bersaglio di una divulgazione scadente o addirittura strumentalmente pilotata, ma anche per quegli addetti ai lavori che sono ora poco assidui nei compiti a casa, ora troppo preoccupati di rispettare le compatibilità; o, addirittura, anche per chi non sentisse il benché minimo interesse per la scienza e l'etica della prevenzione (e per esempio volesse affilare le sue armi come tecnico di polizia scientifica o come magistrato penale). Infatti, esso spiega a fondo varie questioni basilari: la nozione di "continuum" di causalità, dall'estremo del rapporto diretto e costante tra un singolo agente causale e un singolo effetto, all'estremo opposto del piccolo ma significativo aumento della probabilità di danno creato dall'azione di un fattore (per un esempio di causa "debole" che può produrre grandi effetti, si veda il caso del piombo e del quoziente di intelligenza); l'ardua nozione di interazione tra fattori di natura e peso diversi (si veda il capitolo 9 sulla suscettibilità genetica); la nozione di onere di prova, dall'estremo della flagranza con tanto di arma ancora fumante ("smoking gun*) a quello dei faticosi successivi incrementi di un'evidenza inizialmente tenue; quindi la nozione (non solo metodologica) di osservazione attiva, cioè quella che partendo dai primi sospetti in qualsiasi modo sollevati, spesso in modo casuale (ricordare "Blow-up"), giuoca una difficile "battaglia navale" formulando successive ipotesi e sottoponendole volta per volta alle verifiche più appropriate.
Su tali basi Vineis illustra l'intenso dibattito che si sta svolgendo sui criteri di scientificità e di eticità delle azioni da proporre. Per fare un esempio ovvio, non è né scientifico né etico strombazzare un rischio sulla base di evidenze deboli, rompendo le scatole a una quantità di persone perché adottino regole le quali limitano le loro libertà e le loro scelte di vita. All'opposto, non è né scientifico né etico proseguire all'infinito la caccia a evidenze sempre più forti, una volta superata quella soglia di prova la quale giustifica, anzi rende doverosa, l'iniziativa di prevenzione (si veda l'esempio storico delle ricerche a oltranza condotte da Goldberger sulla pellagra).
Ma, appena al di là dell'ovvio, le opinioni sono tutt'altro che univoche. Vineis illustra i contrasti tra modello utilitaristico ("il maggior bene per il maggior numero") e modello contrattualistico: il primo sostiene interventi rivolti a tutta la popolazione, mirando a un beneficio che sarà la somma di effetti scarsi o nulli sulla maggioranza dei soggetti, e di effetti via via più marcati nei soggetti a maggior rischio; il secondo mira piuttosto ad attenuare quelle diseguaglianze di diritti che si riflettono in una distribuzione assai disomogenea di rischi e danni, per lo più in funzione della condizione socioeconomica e lavorativa. La posizione dell'autore, pienamente condivisibile, è quella di un contrattualismo non massimalista, che riconosce cioè in alcune situazioni la maggiore efficacia dell'approccio utilitaristico.
Così per la contrapposizione tra atteggiamento liberale (diamo informazioni affidabili e poi ognuno per sé e Dio per tutti, il che spesso significa avvantaggiare soprattutto i soggetti già privilegiati) e interventismo preventivo (più azioni obbligatorie e più "offerte attive" pressanti di misure preventive), l'autore mostra che si tratta spesso di un problema mal posto, considerati i pochi gradi di libertà disponibili alla maggioranza dei soggetti, dati i contesti in cui vivono e lavorano. Quindi, se va rifiutato il massimalismo interventista, neanche debbono commuovere troppo le lacrime di coccodrillo sulle libertà perdute, spesso versate da chi vorrebbe diluire qualsiasi intervento con acqua di rose, ponendo tutto su base volontaria.
Ma ancora non si è detto quasi niente della ricchezza di quest'opera. Essa affronta a più riprese difficili problemi di storia, sociologia, filosofia e metodologia della scienza (per esempio, il modo in cui il determinismo casuale apparentemente rigido - fisiologico-meccanicistico - di Claude Bernard è in realtà temperato dalle dinamiche dei processi di riequilibrazione dopo deviazione dallo stato ottimale - omeostasi). Chiarisce distinzioni sostanziali, per esempio, tra la medicina curativa che mira piuttosto alla "lotteria naturale", volta soprattutto a riparare danni che variano in funzione della diversa vulnerabilità biologica dei singoli individui, e l'epidemiologia-prevenzione che mira piuttosto alla "lotteria sociale" (cioè a prevenire patologie che colpiscono chi ha avuto in sorte condizioni di vita e di lavoro scadenti o comunque nocive sia in via diretta che indiretta). Infine si cala in alcune dure realtà, ora parlando di alimentazione e migranti, ora criticando il neoliberismo della "competizione amministrata" in sanità e i danni che esso arreca alle azioni preventive. Un'opera, insomma, indispensabile a tutti, dai primi responsabili delle azioni socio-sanitarie, ai tecnici in cerca di un chiaro inquadramento del loro lavoro, ai cittadini spesso depistati nella loro difficile caccia a quel peso contrattuale che gli spetta.

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