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recensione di Cerrato, O., L'Indice 1991, n. 6
Thomas Brasch è nato in Inghilterra da genitori ebrei nel 1945. Dal 1947 al 1977 è vissuto nella Ddr, dove ha esercitato i mestieri più disparati e ha conosciuto anche l'esperienza del carcere a causa della sua attività di dissidente politico. Nel 1977, in seguito alla pubblicazione del presente volume, è stato costretto a trasferirsi all'ovest.
"Prima dei padri muoiono i figli", la prima opera di Brasch ad essere tradotta in Italia, è una raccolta di brevi storie, una riflessione amara e disillusa sulla condizione dell'individuo incatenato dall'onnipresente ragione produttiva dello stato. Si tratta di un universo costruito "su una grande fantasia della rinuncia e della sconfitta", come giustamente osservò Luigi Forte in un saggio dedicato all'autore. La ditta, da cui tutto dipende, soffoca le aspirazioni dei singoli e li serra nell'opprimente spirale "lavorare-mangiare-dormire". Anche i vagheggiati sogni di fuga si trasformano presto in orridi presagi di morte: Robert non vede la libertà al di là del muro, ma vede se stesso a terra, ucciso dalle sentinelle (nel racconto "Le mosche sul volto").
Una fantasia di quindici anni fa, che i recenti avvenimenti politici relegano in un passato ormai definitivamente superato? Sandro Scarrocchia, nella postfazione al libro, dice che "i tedeschi sono veloci a riconoscere come stanno le cose" e che, almeno formalmente, si sono subito adeguati alla nuova realtà. Ma se il libro di Brasch non ha perso la sua attualità è perché già nel 1977 l'autore intuiva che i problemi da lui affrontati sarebbero rimasti tali anche al di là del muro, che ad essere malato non era solo il suo stato, ma l'Europa intera.
La libertà a cui aspirano i personaggi di Brasch è soprattutto la libertà dai rigidi meccanismi di produzione, dalla mercificazione che annulla nel soggetto ogni sentimento, ogni pulsione vitale. In questo senso il capitalismo occidentale non offre certo soluzioni. Da ciò deriva l'angosciosa mancanza di prospettive che vanifica ogni tentativo di cambiamento: così il navigatore solitario del racconto "Chi parla volentieri di un declino" "non sa far altro che andare via"; così il lavoratore Fastnacht si vede negare anche l'Estremo rimedio del suicidio, da cui lo strappa quel buffo fantoccio-coscienza che porta il nome di Marxengels. Heiner Muller, che di Brasch è stato il più grande maestro, ha visto nei suoi testi una forza critica decisamente nuova, che li distingue dalla noiosa produzione letteraria tedesca occidentale. Leggiamo in un suo articolo su Brasch del 1977, citato da Scarrocchia nella postfazione: "... nella Ddr nessuno dopo l'uscita dei suoi libri "Prima dei padri muoiono i figli" e "Kargo" potrà scrivere come se non fossero stati scritti. Le cose non resteranno come sono".
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