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Prigioni e paradisi
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Prigioni e paradisi - Colette - copertina
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Prigioni e paradisi

Descrizione


"Prigioni e paradisi" raccoglie brevi bozzetti, note di costume, impressioni, composti da Colette tra il 1912 e il 1932, molti dei quali precedentemente apparsi su riviste o volumi. Tessere che compongono un'autobiografia sensoriale affatto priva di umorismo, che restituisce l'immagine della seduttrice scandalosa, ma anche di attenta osservatrice del mondo naturale e animale: vi compaiono le "bestie", alle quali è legata da una fascinazione per il mostruoso che allo stesso tempo è inavvicinabilità; nozioni di botanica sulle varietà floreali dei giardini della Treille Muscate; le abitudini culinarie della Borgogna e il primo bicchiere di vino bevuto a tre anni; le amicizie parigine con un ritratto insolito di Coco Chanel; il nord Africa e i viaggi delle note marocchine alla ricerca dell'arabesco, una tessitura che ricrea la trama del mondo. Nella scrittura la metafora in particolare è il mezzo per muoversi alla ricerca dei paradisi della sensibilità senza mai tralasciare l'aspetto estraneo e oscuro del reale.
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Dettagli

2012
24 febbraio 2012
224 p., Brossura
9788861100091

Voce della critica

  Scritti da Colette tra il 1912 e il 1932, da lei stessa messi insieme e organizzati in sequenza, i testi raccolti in Prigioni e paradisi, presentati oggi in traduzione italiana con postfazione di Gabriella Bosco, ci trasportano per così dire al cuore della sua esperienza o, se vogliamo, del suo modo di stare al mondo che per Colette è, innanzitutto, relazione con ciò che è e appare e si dona ai nostri sensi nelle sue molteplici e cangianti manifestazioni, in un gioco incessante di luce e di ombre. La festa dei sensi che la scrittrice celebra nei trentanove articoli che compongono il volume si intreccia così a una profonda inquietudine per gli aspetti estranei e oscuri del reale di cui è figura, nel primo articolo della raccolta, un enorme pitone avvolto su se stesso, una massa lucida e brillante, apparentemente immobile, ma che d'un tratto vacilla, scivola, si muove e qualcosa sporge, un'orbita dallo sguardo morto. Spaventata da quella bestia che nasconde il suo inizio e la sua fine e la guarda inarcando la schiena, Colette indietreggia. Ma quando la testa del serpente viene fuori, piatta, allegra, adornata da occhi d'oro, la fascinazione mostruosa cessa. Il pitone non è una sorta di inferno concentrico, un caos nauseante, ma un animale "come me e voi" − dice Colette che, cresciuta in campagna e abituata a vivere in mezzo agli animali: "Ho cominciato con le rondini, all'età in cui una bambina, trova normale portarsi due rondinelle nella tasca, o sulla testa, o sulle spalle" − ne conosce sia l'estraneità che la vicinanza. Ci troviamo così immersi, fin dalle prime pagine di Prigioni e paradisi, in un universo variegato popolato di pavoni, gatti, scoiattoli, scimmie; di fiori (rose, gerani, mimose), di cibi e bevande (la "lepre à la royale", "il pesce alla pedata", i vini di Borgogna che portano con sé "l'oro e il rubino"), di persone (Chanel, che lavora ai suoi modelli "con tutte le dita, con le unghie, con il taglio della mano"; Mistinguett, che può manifestarsi "come uno zampillo d'acqua, un'anfora, una rosa"); di luoghi (la Provenza, la Borgogna, l'Algeria, il Marocco). Ed è in Algeria, entrando dopo trecento chilometri di deserto nell'oasi di Bou Saada, nell'ora di un tramonto viola e rosa, che Colette nota una bambina berbera seduta su un muretto diroccato d'argilla. Ne descrive le caviglie da cerbiatta, i piedini incrostati dal fango del ruscello, gli occhi languidi e senza età e la pelle di "un giallo chiaro misteriosamente mescolato al rosa, e la bambina immobile sembrava nata l'istante prima, plasmata da poco da un'argilla bionda, resa perfetta dal tocco del deserto". Tutto si tiene nella scrittura di Colette: la visione mostruosa del serpente e quella incantevole della bimba berbera; il mondo animale e quello vegetale; le persone e le cose. Persino la cenere, che chiama "il fiore del fuoco" e che risveglia ricordi "golosi" (le mele e le pere che sua madre Sido sistemava "in un nido di cenere calda" che ne proteggeva il sapore), è per lei oggetto di rispetto e di ammirazione. La capacità di Colette di trasmetterci in Prigioni e paradisi le sue sensazioni fino a risvegliare i nostri stessi sensi è straordinaria. Così siamo noi, che leggiamo, a vedere la cresta blu di un pavone, a sentire il profumo delle rose e ad addentare, con golosità infantile, una crosta di pane caldo spalmato all'interno di burro e gelatina di lamponi. Giuliana Giulietti

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Conosci l'autore

Colette

1873, Saint-Sauveur

Colette è stata una scrittrice, attrice e giornalista francese, simbolo di intraprendenza e audacia nella Parigi della Belle Époque. Sposò a vent'anni il romanziere Willy (Henry Gauthier-Villars) e si trasferì con lui a Parigi. Ottenuto successo già con i suoi primi scritti, divorziò e dopo varie esperienze di vita bohèmienne divenne corrispondente al Matin. Venne eletta all'Accademia Goncourt nel 1949.Colette occupa una posizione peculiare nella storia letteraria francese. La sua narrativa si distingue per un'intuizione della vita così com'è, resa attraverso uno stile non retorico e sempre evocativo.

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