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Scelto da IBS per la Libreria ideale perché come si può capire l'economia negli anni Duemila senza conoscere le teorie del Premio Nobel Joseph Stiglitz?
Il livello di disuguaglianza del reddito in America raggiunge oggi picchi mai visti da prima della Grande depressione. Negli anni del boom, precedenti alla crisi finanziaria del 2008, l'1 per cento dei cittadini si è impadronito di più del 65 per cento dei guadagni del reddito nazionale totale. E tuttavia, mentre il Pil cresceva, la maggior parte dei cittadini vedeva erodere il proprio tenore di vita. Nel 2010, mentre la nazione lottava per superare una profonda recessione, l'1 per cento guadagnava il 93 per cento del reddito aggiuntivo creato nella cosiddetta "ripresa". Mentre coloro che sono in alto continuano a godere della migliore assistenza sanitaria, della migliore educazione e dei benefici della ricchezza, essi spesso non riescono a comprendere che, come sottolinea l'autore, "il loro destino è collegato a quello dell'altro 99 per cento". In questo volume Stiglitz unisce la sua formidabile visione economica a un appassionato richiamo affinché l'America torni agli ideali economici e politici che l'hanno resa grande. La disuguaglianza infatti non nasce nel vuoto. E il risultato dell'interazione di forze di mercato e di manovre della politica. Grazie a essa l'America è sempre meno la terra delle grandi opportunità e sempre meno è in grado di rispondere alle aspirazioni e ai bisogni dei suoi cittadini. Ma non deve necessariamente essere cosi.
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Il tema dell'equità trattato da un economista e rilanciato come presupposto di stabilità, democrazia e sviluppo è molto interessante. Stieglitz ci da un interpretazione dettagliata e illuminante di come si sia approfondita la disuguaglianza negli Stati Uniti e come questo minacci il futuro stesso del loro sviluppo economico e sociale. Da trent'anni il paese ha intrapreso un percorso che rinnega lo stesso "sogno americano". Il trattato è un pò ridondante e avrebbe potuto seguire un filo logico più rigoroso. E' inoltre molto ricco nello spiegare il fenomeno, un pò generico nel proporre soluzioni. L'opera vale per la quantità delle informazioni contenute e per la qualità delle argomentazioni su economia, politica e società.
Si tratta di un approfondimento del tema della disuguaglianza a cui l'autore, in parte, aveva già fatto cenno in "Bancarotta" che precede il volume di qualche anno. Come già anche in "Bancarotta", l'analisi ha per oggetto, principalmente, la società americana, la sua struttura e le sue caratteristiche pertanto, pur essendo il fenomeno comune a tutti i paesi occidentali, la stessa non appare trasferibile tout court alla realtà europea, lasciando al lettore il debito esercizio intellettuale di adattarla. Da leggere. GR
Quella di Stiglitz è un gran bella analisi della situazione socio-economica americana attuale, ma che può esser applicata, con risultati del tutto equivalenti, a quella europea, italiana in particolare. Lo Stato cosiddetto democratico (di qua e di là dell'Atlantico, nota del lettore) è stato posto nell'incapacità di controllare la finanza propria, e quella altrui che scorrazza in casa, e di legiferare di conseguenza. L'impressione che se ne ricava (ed a quanto risulta è la realtà) è che alcuni centri di potere globali (pecunia non olet) sono in grado di condizionare scelte di legislazione "democratica", le quali in realtà favoriscono una ridotta aristocrazia del movimento del denaro (1% della popolazione o poco più) che crea remunerazione senza prodotto, del tutto fine a sé stessa, a scapito del rimanente "demos" che vien ridotto a spettatore e vittima di scelte spacciate come indispensabili ad evitare il peggio. Ma di peggio non c'è. C'è anche un piccolo accenno all'euro, che parrebbe esser un creatura sterile creata a tavolino, congruente con il progetto di rimpallo della finanza globale; ma l'analisi non viene ulteriormente approfondita. I rimedi proposti da Stiglitz sembrano ricette un po' scolastiche, ma l'importanza prevalente del libro è il valore del "j'accuse" che arriva da un Nobel dell'Economia, con una carriera e una posizione ben rilevanti nell'establishment che egli stesso analizza con forte critica. Da leggere (e spaventarsi).
Recensioni
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